Lo Spazio

Introduzione

Vista dall'alto

Charles Darwin è stato il più illustre naturalista del diciannovesimo secolo e forse di tutti i tempi. Al giorno d'oggi abbiamo una tale familiarità con i concetti di evoluzione e di selezione naturale (tanto da utilizzarli anche in senso metaforico nel linguaggio comune) che non sempre è facile renderci conto di quanto grande e rivoluzionario sia stato il suo contributo alla scienza. Per questo motivo può essere interessante immaginare se Darwin fosse oggi tra noi, con tutte le scoperte a noi note, a quali studi rivolgerebbe la sua curiosità e la sua inesauribile sete di conoscenza?
Così come più di 150 anni fa aveva cercato di indagare l'origine delle specie, probabilmente oggi Darwin cercherebbe di fare chiarezza sull'origine della vita.
Dalla comprensione di questo fenomeno si potrebbe dedurre se esso sia una prerogativa del nostro pianeta oppure il risultato di leggi fisiche e chimiche valide in tutto l'Universo, e in quanto tale possa realizzarsi altrove nel cosmo. Con l'avanzare delle competenze scientifiche, quindi, il problema dell'origine della vita sulla Terra è sempre più strettamente legato a quello dell'esistenza di altri mondi abitati, da qualche parte, al di fuori del nostro pianeta.
Del resto, negli stessi anni in cui Darwin studiava l'evoluzione della specie, l'applicazione delle tecniche di spettroscopia in astronomia cominciò a mostrare che nelle stelle e nell'intera galassia si trovano diffusi gli stessi elementi chimici presenti sulla Terra. A differenza della teoria di Darwin, che incontrò forti resistenze e opposizioni di natura religiosa e politica, questa scoperta venne accolta in maniera positiva senza provocare grandi dibattiti o polemiche. Astronomi come il britannico Richard Proctor (1837-1888) o il francese Camille Flammarion (1842-1925) scrissero, senza creare scandalo, libri su come potessero esistere altri mondi abitati nel nostro sistema solare. Nonostante esistano ancora detrattori, la teoria dell'evoluzione è ormai considerata alla base di tutta la biologia terrestre; il vero problema per il contemporaneo Darwin, sarebbe la questione dell'universalità della biologia, ovvero se sia possibile estendere le leggi note della nascita e dell'evoluzione biologica, anche al di fuori del nostro pianeta. Certo, per sviluppare una teoria delle origini, il lavoro di ricerca sarebbe ben diverso da quello iniziato dal giovane Darwin a bordo del Beagle e il viaggio risulterebbe ben più lungo e impegnativo.

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Darwin nello Spazio

Se Darwin fosse uno scienziato contemporaneo interessato a eventuali altre forme di vita al di fuori del nostro pianeta, andrebbe probabilmente alla ricerca di ambienti simili a quelli della Terra primordiale in cui si sono sviluppate le prime, semplicissime, forme di vita. Probabilmente la prima tappa di questo viaggio contemporaneo di Darwin, sarebbe in Antartide e più in particolare presso la stazione americana Mc Murdo, localizzata a una latitudine di 77° 50' sud e a una longitudine di 166° 40' ovest, nei pressi dell'omonimo stretto. Questa stazione, non lontana dalla base italiana Mario Zucchelli, stabilita nel 1985 nella Terra Vittoria, si trova in una zona di “laghi secchi”: bacini che, come il più grande lago Vostok, si trovano sul terreno antartico, ricoperti da migliaia di metri di calotta polare, e nei quali, protette da questa coltre di ghiaccio, riescono a sopravvivere alcune forme di vita batterica. Come gli astrobiologi contemporanei, Darwin penserebbe che studiare gli esseri viventi di questi ambienti poveri ed estremi e le loro strategie di resistenza, potrebbe aiutarci a immaginare eventuali forme di vita di ambienti altrettanto difficili come quelli di alcuni pianeti e satelliti del sistema solare. In particolare una situazione simile ai laghi secchi antartici sembrerebbe potersi ritrovare su alcuni dei satelliti di Giove, la tappa successiva del viaggio del grande naturalista.
Il viaggio nello spazio alla ricerca di conferme all'universalità della teoria darwiniana, però, non potrebbe essere effettuato a bordo di un Beagle 2 , poiché è già esistita una navicella spaziale con questo nome: un lander, per la precisione, che nel 2003 un gruppo britannico in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea (ESA), ha inviato su Marte per raccogliere informazioni sulla superficie del pianeta rosso. Purtroppo, il viaggio ha fallito nel suo avvicinamento al pianeta e del lander si è persa ogni traccia dopo la separazione dalla sonda Mars Express che lo aveva portato in orbita .
Mars Rover veicolo di esplorazione sulla superficie di Marte Diversamente da quello del Beagle 2 il viaggio del Darwin astronauta non si fermerebbe su Marte ma si spingerebbe oltre, magari vicino Encelado, satellite di Saturno. Su questo piccolo satellite è stata identificata una fonte visibile d'acqua che potrebbe essere l'elemento base di un'evoluzione biologica, ancora per noi sconosciuta. Ma un altro satellite di Saturno potrebbe attrarre l'attenzione del nuovo Darwin: Titano, un corpo roccioso ancora più grande del pianeta Mercurio. Anche su Titano Darwin troverebbe delle condizioni adatte allo sviluppo di una vita fuori dalla Terra, probabilmente vita basata sul metano che, oltre a trovarsi in superficie in forma liquida, costituisce il 99% della densa atmosfera gassosa che circonda questo satellite.
Dopo un giro attorno a Saturno, Darwin punterebbe forse su Europa, l’affascinante satellite del pianeta Giove scoperto da Galileo, grazia al cannocchiale, nel lontano 1610: Europa è simile per dimensione alla Luna. Quello che Darwin troverebbe senza dubbio interessante sarebbe l'oceano di Europa, dieci volte più profondo degli oceani terrestri, rivestito da uno spesso strato di ghiaccio: sul fondo di questo oceano potrebbero svilupparsi forme di vita simili a quelle delle sorgenti idrotermali degli abissi oceanici terrestri, mentre subito sotto il ghiaccio, altre forme simili a quelle dei laghi secchi in Antartide. Purtroppo penetrare con un sommergibile questo strato di ghiaccio, come si era ipotizzato alla fine del secolo scorso, non sarà fattibile nel futuro prossimo. Possiamo dire, dunque, che le Galapagos dei nostri giorni invece di essere nell'oceano Pacifico, potrebbero trovarsi sul secondo satellite ghiacciato di Giove.
Quello che Darwin cercherebbe nelle sue nuove Galapagos sarebbero gli elementi chimici che già la missione Galileo aveva rilevato nella decade 1995-2003: sulla superficie ghiacciata di Europa, Darwin cercherebbe tracce di elementi potenzialmente biogenici, cioè che potrebbero permettere lo sviluppo di forme di vita. La navicella Galileo ha già effettuato una mappatura delle zone dove dovremmo cercare i primi segni di vita fuori della Terra, a questo punto bisogna solo attendere il ritorno sulla superficie di Europa per verificarne la presenza, cosa che potrebbe accadere nel 2022-2023 con una nuova missione. Ma Darwin non solo parteciperebbe anche ad un'altra missione, già in programma per il 2020, la Missione Sistema Europa-Giove (EJSM), ma probabilmente sarebbe proprio a capo del team delle agenzie europea, americana, giapponese e russa che collaboreranno alla spedizione.
Alghe, organismi fotosintetici che sono presenti nella maggior parte degli habitat. Esse variano da tipologie unicellulari a forme pluricellulari più complesse L'EJSM è la proposta iniziale per una missione spaziale congiunta dell'Agenzia Spaziale statunitense (NASA) e di quella europea (ESA), che prevede l'utilizzo di due sonde robotiche per l'esplorazione del sistema gioviano. L’uso dei metodi robotici è giustificato dalla presenza di radiazioni provenienti dal Sole e dalla magnetosfera di Giove. Dai primi documenti rilasciati dall'ESA il nome della missione sembra essere Laplace, in onore del matematico e astronomo francese del '700.
Ma in attesa della missione EJSM, Darwin potrebbe partecipare ad un'altra missione, la Jupiter Icy moon Explorer (JUICE), che ha come obiettivo sempre il satellite ghiacciato di Giove, per il momento un'iniziativa soltanto dell'ESA.
Darwin sarebbe probabilmente molto emozionato di poter vivere in un momento storico in cui tutti gli scienziati sono perlopiù d'accordo sul fatto che la sua teoria evolutiva. sia il più importante contributo alla scienza di tutti i tempi, tanto da volerne cercare ulteriori conferme anche aldilà dei confini del pianeta Ma la sete di conoscenza e l'istinto di esplorazione dell'uomo portarono in breve tempo al susseguirsi di una serie di spedizioni volte alla scoperta del continente ghiacciato. I risultati più rilevanti nell'esplorazione dell'Antartide furono ottenuti da James C. Ross nella spedizione del 1839: Ross e compagni esplorarono la Terra Vittoria (così chiamata in onore dell'allora regina d'Inghilterra) raccogliendo nel corso del viaggio un numero considerevole di campioni biologici e geologici. Dopo la spedizione di Ross, che aveva finalmente aperto la strada all'esplorazione del continente antartico, seguirono altre spedizioni nate con lo scopo di raggiungere il Polo Sud geografico. Di particolare importanza risultarono le spedizioni del britannico Robert Falcon Scott tra il 1901 e il 1904 e del tedesco Eric von Drygalski dal 1902 al 1903, ma la vera conquista del polo la si deve al grande esploratore norvegese Roald Amundsen. A bordo della nave Fram, nel Gennaio del 1911, Amundsen raggiunse la Piattaforma di Ross dove stabilì il suo campo base e da dove, l'ottobre successivo, partì insieme ad altri quattro uomini e quattro slitte trainate da 52 cani, alla volta del Polo Sud. Amundsen e i compagni raggiunsero la meta soltanto due mesi dopo, il 14 dicembre 1911, 35 giorni prima del gruppo di esploratori guidato da Scott, contemporaneamente impegnato nell'impresa. Amundsen e i suoi fecero ritorno al campo base dopo 99 giorni di viaggio e dopo aver percorso una distanza complessiva di oltre 3.000 km, ma il successo della spedizione venne reso pubblico soltanto quattro mesi dopo quando la Fram raggiunse il porto di Hobart, in Tasmania, e Amundsen ebbe finalmente accesso a una linea telegrafica.

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Evoluzione del rapporto uomo ambiente

Sebbene la fantascienza abbia fortemente ispirato l'immaginario popolare negli ultimi anni, un Charles Darwin contemporaneo non potrebbe realmente viaggiare nel cosmo alla ricerca di altre forme di vita: non sarebbe possibile per i costi spropositati dell'impresa, per l'attuale stato della tecnologia spaziale e anche per le conoscenze di fisica medica che non riuscirebbero a impedire i danni da radiazioni cosmiche sui tessuti umani, nel corso di un così lungo viaggio nello spazio.
Il modulo lunare Apollo o LEM (Lunar Excursion Module) è il lander della navicella spaziale Apollo utilizzato nell'ambito del programma spaziale americano Apollo per trasportare gli astronauti sulla superficie della Luna. Questa nuova frontiera della conoscenza ci colloca, dunque, di fronte a un limite decisamente più estremo di quanto non fosse un viaggio di circumnavigazione del globo per i contemporanei di Darwin. La nostra ambizione di portare uomini e donne nello spazio interplanetario ci presenta il rapporto uomo-ambiente in uno scenario molto più ampio che in passato: i nuovi confini da esplorare sono fuori dalla nostra atmosfera e dal campo magnetico terrestre che ci protegge dalle micidiali radiazioni solari. Questa nuova ricerca ci impone, quindi, una rilettura del nostro rapporto con lo spazio che ci circonda, diversa da come lo abbiamo sempre inteso.
Il Darwin contemporaneo capirebbe che la maniera più efficiente per verificare l'universalità della teoria dell'evoluzione in altri mondi sarebbe usare i metodi robotici delle missioni spaziali odierne: i robot non hanno difficoltà con le radiazioni e possono essere progettati con capacità di resistenza ad ambienti estremi, ben più sviluppate di quelle umane.
Parallelamente all'utilizzo di metodi robotici, un altro percorso di ricerca che Darwin terrebbe sicuramente d'occhio è quello che si occupa di immaginare possibili forme di vita aliene, sulla base di simulazioni al computer di processi simili a quelli già noti alla biologia terrestre. Attraverso la modellizzazione informatica si cerca di prevedere le caratteristiche e il comportamento di forme alternative di vita, basate per esempio sul silicio, anziché sul carbonio come quella terrestre, oppure sul DNA levogiro Disegno della formula chimica del DNA. (con la doppia elica “avvitata” in senso inverso). Il vantaggio principale di queste tecniche è quello di poter simulare virtualmente delle condizioni, per esempio di temperatura o pressione, altrimenti irriproducibili in natura, e di permettere, così, agli scienziati di ipotizzare ambienti simili a quelli presenti sugli altri pianeti e satelliti del sistema solare, il tutto senza doversi allontanare dalla superficie terrestre e senza impegnarsi in costosissime missioni ad alto rischio. Se poi in futuro la tecnologia riuscisse ad accorciare le distanze tra noi e gli altri pianeti, avere già un'idea, seppur virtuale, di cosa sia possibile aspettarsi di trovare in un ambiente piuttosto che in un altro, potrebbe consentire una ricerca più mirata ed efficace e una maggiore ottimizzazione delle risorse disponibili

«Le varietà umane sembravano operare le une sulle altre nel medesimo modo delle differenti specie di animali: i più forti distruggono sempre i più deboli».(Lettera di Darwin ad Asa Gray, 1857)
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Economia

Space Shuttle

Ai giorni nostri assistiamo alla fine di un’importante sfida fra le due superpotenze del ventesimo secolo, Stati Uniti e Unione Sovietica, che ha avuto una ricaduta notevole sull'economia di entrambi i Paesi. Questo scontro, economico e culturale, ha avuto diversi terreni di gioco: tra questi, quello della corsa allo spazio, con lo sviluppo della tecnologia e le conquiste che ne sono conseguite, ha avuto un ruolo molto importante.
Oggi il clima di sfida persiste ma i nuovi protagonisti sono l'Unione Europea con la sua Agenzia Spaziale Europea (ESA), gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, il Giappone e l'India: tutti Paesi con investimenti considerevoli in questo campo di studio. La notevole crescita economia di Paesi emergenti come Cina e India e il loro ingresso nel campo della ricerca astrofisica rende ancora più possibile il progresso verso la comprensione della vita nell'Universo.


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Approfondimenti: Lago Vostok

Nel febbraio del 2012 un gruppo di ricerca russo ha ultimato la trivellazione, durata trent'anni, dei 3 km di ghiaccio sotto i quali è sepolto il lago Vostok, aprendo la strada all'inestimabile tesoro ancora sconosciuto, nascosto in questo enorme bacino subglaciale, scoperto soltanto negli anni '70. Di sicuro sappiamo che contiene acqua purissima, rimasta incontaminata dall'ambiente terrestre nel corso degli ultimi 20 milioni di anni. Sappiamo anche che grazie all'isolamento del ghiaccio, all'alta pressione e forse anche a un basso spessore della crosta terrestre proprio sotto il corpo d'acqua, in alcune zone del lago l'acqua raggiunge i 30 °C, temperatura ideale per lo sviluppo della vita come la intendiamo noi. Secondo ipotesi non prive di fascino, là sotto potrebbe verificarsi un ciclo dell'acqua completo, la caverna potrebbe ospitare fenomeni meteorologici, piogge e spostamenti d'aria. Il tutto lascia immaginare il lago Volstok come un ecosistema antico di 20 milioni di anni, evolutosi isolatamente da tutti gli altri, nel quale possono essere comparse anche forme di vita più complesse di quella batterica. Questo bacino potrebbe essere un vero e proprio endopianeta, sconosciuto e autonomo all'interno della Terra: un mondo sotterraneo, unico e tutto da esplorare, ma anche da tutelare e conservare, cercando di evitare contaminazioni biologiche biunivoche con quello in superficie

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