L'ateneo di Trieste occupa oltre 50 edifici, tutti dotati di sistema di riscaldamento e molti anche di impianto centralizzato di condizionamento. Le unità finali utilizzate per lo scambio del calore ( o di refrigerazione) sono molto diverse tra i diversi stabili: c'è una tendenza generale ad abbandonare gli impianti ad aria forzata, a causa della loro rumorosità, per tornare ai vecchi sistemi a termosifone oppure ai termoconvettori. Tutti questi impianti vengono gestiti da un'unica ditta esterna in appalto, compresa la manutenzione delle unità finali e la sostituzione dei relativi filtri; periodicamente viene anche effettuato un controllo microbiologico sulle bocchette esterne per monitorare la qualità dell'aria rimessa in circolazione.
In mancanza di linee guida precise per valutare questi dati (i criteri utilizzati da anni negli Ospedali non sono adeguati in quanto presuppongono la presenza di utenza immunodepressa all'interno dello stabile), è stata attivata una collaborazione con la Facoltà di Medicina per trovare un metodo che permetta la verifica periodica del rischio biologico negli impianti.
La tesi dal titolo "Valutazione del rischio microbiologico degli impianti aeraulici dell’Università degli Studi di Trieste: dall’analisi dei dati alle proposte migliorative" è stata redatta dalla laureanda Patrizia Marcon, sotto la supervisione del relatore Ing. Ugo Fonzar e del correlatore Ing. Giorgio Sclip.
La tesi riguarda il rischio biologico da impianti aeraulici ai fini del benessere negli ambienti confinati non industrializzati, una tematica poco conosciuta e sottostimata ma rilevante dal punto di vista socio sanitario. Si tratta di ambienti confinati di vita e di lavoro adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto definiti dall’espressione “ambiente indoor”. È in tali ambienti che la popolazione dei paesi industrializzati trascorre gran parte del proprio tempo esponendosi, a volte, a concentrazioni di sostanze pericolose per la salute superiori a quelle rilevabili all’esterno, comportando negli occupanti il manifestarsi di situazioni di disagio, malessere o vere e proprie sindromi: “malattie correlate agli edifici”.
Diversi sono i fattori che favoriscono lo sviluppo e la diffusione dell’inquinamento biologico indoor: impianti di condizionamento, umidificatori, materiali da costruzione, numero occupanti, microclima,… In questo lavoro di tesi si è voluto indagare uno di questi aspetti e cioè lo stato igienico sanitario degli impianti aeraulici, come previsto dalle Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinanti. In particolare mi sono occupata degli impianti aeraulici di pertinenza dell’Università degli Studi di Trieste con un duplice obiettivo: analizzare gli esiti storici della campagna di monitoraggio microbiologico svoltasi tra dicembre 2006 e luglio 2011; definire una procedura operativa di valutazione del rischio microbiologico ed intervento tecnico-manutentivo come consulente del Datore di Lavoro.
I campionamenti dell’aria sono stati effettuati da una ditta specializzata così come le analisi microbiologiche: carica batterica mesofila totale e carica funginea totale. I punti di campionamento (4208) nei pressi e/o all’interno dei diffusori di mandata sono stati scelti dagli uffici preposti di Ateneo in funzione della distribuzione degli impianti e dell’ampiezza dei locali. La modalità di campionamento, a definire la concentrazione microbiologica, espressa come numero di unità formanti colonia presenti per m3 d’aria campionata, è avvenuta usando un campionatore portatile ad impatto ortagonale (Surface Air System). Successivamente i dati della serie storica (8416) sono stati analizzati utilizzando metodi statistici descrittivi per mezzo di un programma di elaborazione dati (PRISM GraphPad 4.1) a cui sono seguiti dei sopralluoghi negli edifici risultati critici e la stesura di una procedura d’intervento mirato, sia di tipo analitico che organizzativo (manutentivo, strutturale, impiantistico) a garanzia del benessere dei lavoratori.
Dall’analisi statistica si evidenzia come la contaminazione microbica degli impianti aeraulici sia classificabile come bassa o molto bassa (<100 UFC/m3) nel 73% dei campionamenti eseguiti e solo lo 0,8% si collochi nella fascia di contaminazione alta (500-2000 UFC/m3). Considerando l’intero periodo di campagna di monitoraggio emerge come la differenza di distribuzione degli inquinanti microbiologici, sia statisticamente significativa per batteri mesofili e miceti totali ed inoltre maggiore in inverno rispetto all’estate ma con un dato statisticamente significativo solo per i primi. L’indagine successiva ha evidenziato la criticità di alcuni edifici rispetto ad altri. In particolare ne sono emersi due, denominati C11 e CG01, il primo maggiormente contaminato del secondo sia per carica batterica mesofila (1,6 volte in più) che funginea totali e in modo costante durante tutto l’anno, mentre la distribuzione stagionale per l’edificio CG01 è statisticamente significativa solo per i batteri mesofili. La spiegazione di questi risultati è da ricercarsi principalmente tra le modalità di campionamento, la manutenzione e le scelte tecnico-impiantistiche.
In conclusione gli impianti aeraulici sono utili strumenti per migliorare la qualità dell’aria ed il comfort negli ambienti indoor ma necessitano di corretta progettazione e manutenzione altrimenti divengono essi stessi fonte di contaminazione. Per tanto, importanti risultano i controlli microbiologici su di essi, consentendo in questo modo di individuare anomalie e di programmare interventi preventivi efficaci, pianificando procedure condivise tra Datore di lavoro, SPP, medico competente, servizio tecnico e ditta di manutenzione.