19. Dedica opistografa a Apollo e Ercole
Basetta in calcare (59,3 x 21 x 19,7), scheggiata superiormente in uno
degli spigoli. Presenta forma parallelepipeda a sviluppo verticale; zoccolo
con plinto, doppia gola diritta e listello liscio; cimasa con modanatura
composta da listello, doppia gola rovescia e listello. Sulla faccia superiore
si conservano tre incavi contenenti tracce di piombo. Il dado presenta
due iscrizioni, rese con grafie diverse e collocate su due facce opposte;
ciascuna di esse continua sulla faccia attigua a destra. Si conserva nel
giardino della Direzione del M.A.N. di Aquileia (inv. n. 153078).
Nella prima iscrizione le lettere (alt. 2,2 - 3,3) sono larghe e profondamente incavate, con piccole apicature triangolari e disegno regolare e accurato; i punti di separazione sono di forma quadrangolare apicata. La seconda iscrizione è caratterizzata da lettere (alt. cm 2,7-3,2) larghe, dal disegno più irregolare e dotate di apicature pronunciate; i segni divisori sono triangolari e l'impaginazione è poco accurata. Entrambe le iscrizioni presentano particolarità grammaticali nella forma del nominativo, con uscite in -i ed -is, che trovano confronti con epigrafi di epoca repubblicana (cfr. A. DEGRASSI, ILLRP, II, p. 508; C. ZACCARIA, "AN" 52, 1981, cc. 149-164, con la bibliografia precedente).
A)
Sex(tus) Ca+//li(us)
Sex(ti) l(ibertus) Apol//ini.
B)
Sex(tus) Mar//ci(us)
Sex(ti) l(ibertus) Das(---?)
H(erculi) d(at).
Il testo della prima iscrizione (che sembra più antica) costituisce
la dedica ad Apollo da parte di un liberto, il cui gentilizio sembra integrabile
con Caelius, che risulta già attestato in tale forma ad Aquileia
in epoca imperiale e nella variante Cailius in età repubblicana
(cfr.A. CALDERINI, Aquileia romana, Milano 1930, p. 471; Inscr. Aq. 612,
2845, 2280, 3450). Ci troveremmo pertanto di fronte ad un liberto privo
di cognomen, fenomeno comunemente considerato come indizio per una datazione
non posteriore all'età sillana (cfr. M. CEBÉILLAC, Quelques
inscriptions inédites d'Ostie: de la Re´publique à
l'Empire, "MEFRA" 83, 1971, 1, pp. 39-125, in partic. pp.
43-48), ma il cui valore in termini cronologici è stato recentemente
rimesso in discussione (cfr. S. PANCIERA, Saggi di indagine sull'onomastica
romana, in L'onomastique latine, Paris 1977, pp. 191-203, in
partic. 192-193 e 203). Alcune caratteristiche paleografiche, come le interpunzioni quadrangolari (cfr. ZUCCA, e
BANDELLI Ricerche), la P aperta e quadrata,
la S e la C squadrate, la O molto larga, orientano comunque verso una datazione
tra la fine del II e la metà del I sec. a.C. Per quanto riguarda
la seconda iscrizione, si tratta di una dedica fatta a Ercole da un altro
personaggio di condizione libertina. L'onomastica del liberto qui si presenta
senza dubbio in forma completa ed è composta dal prenome Sextus,
dal gentilizio Marcius, già documentato ad Aquileia, anche se in epoca più tarda (cfr. CALDERINI, p. 520; Inscr. Aq.,
p. 1296), e dal cognomen, che si può identificare probabilmente
con un nome greco (Das è attestato significativamente a Delo: cfr.
Lexicon of Greek Personal Names, I, p. 119) oppure, prendendo in
considerazione la possibilità che si tratti di una forma abbreviata,
con un idionimo di origine illirica del tipo Dasa, Dasas, Dasatus, Dases,
Dasius o Dassius (cfr. G. ALFÖLDY, Die Personennamen
in der römischen Provinz Dalmatia, Heidelberg 1969, pp. 185-186;
I.I. RUSSU, L'onomastique de la Dacie romaine, in L'onomastique
latine, pp. 353-363, in partic. p. 359). La scritta sembra databile,
in base alla paleografia, nella prima metà del I sec. a.C., in epoca
forse di poco successiva a quella in cui è stata tracciata l'iscrizione
del lato opposto. Risulta particolarmente significativa l'area di rinvenimento
della basetta, in quanto dalla medesima zona provengono due altre dediche
ad Ercole (anche in questo caso sullo stesso supporto, purtroppo frammentario)
e una dedica ad Apollo Beleno (cfr. per le prime CIL, I2, 4,
3414 e Inscr. Aq. 7a-b; per la seconda Inscr. Aq. 128; da ultimo F. FONTANA,
I culti di Aquileia repubblicana. Aspetti della politica religiosa in
Gallia Cisalpina tra il III e il II sec. a.C., Roma 1996, pp. 105-114).
Una dedica ad Ercole risalente ad età repubblicana (tra II e I sec.
a C.) viene inoltre da un'area, non molto distante dalla nostra, situata
a Sud del grande mercato individuato a Sud della Natissa (cfr. L. BERTACCHI,
La Venetia orientale, in La Venetia nell'area padano-danubiana.
Le vie di comunicazione (Convegno internazionale, Venezia 1988), Padova
1990, pp. 645-646, fig. 1). I due culti li ritroviamo ora attestati sul
medesimo supporto, evidentemente reimpiegato nel medesimo contesto, dove
probabilmente le due divinità erano abbinate, come si riscontra
anche a Rimini (cfr. FONTANA, pp. 220-222). I dedicanti
sono due liberti (dei quali uno di origine greca o illirica); il confronto
più stringente è fornito dalle due dediche a Ercole ritrovate
nel 1904, che sono accomunabili al presente esemplare per caratteristiche
paleografiche e cronologia, nonché per l'appartenenza dei dedicanti
all'ambiente dei liberti di origine celtica e illirica (come si ricava
dagli idionimi Andies e Mogio). La presenza di un santuario
emporiale nell'area a Sud della città, ipotizzata da diversi studiosi
(M. VERZAR-BASS, A proposito dell'allevamento nell'alto Adriatico,
in "AAAd" 29, 1987, pp. 257, 280; C. ZACCARIA, Il ruolo di
Aquileia e dell'Istria nel processo di romanizzazione della Pannonia,
in La Pannonia e l'impero romano, Roma 1994, pp. 51-70, in partic.
p. 53 e nt. 17; C. ZACCARIA, in Lungo la via dell'ambra. Apporti altoadriatici
alla romanizzazione dei territori del Medio Danubio (I sec. a.C. -
I sec. d.C.) (Atti del Convegno di Studio, Udine - Aquileia, 16-17 sett.
1994), a cura di M. Buora, Udine 1996, pp. 144-145), trova dunque
un'ulteriore conferma. Per quanto concerne, infine, la tipologia del monumento,
oltre alle già citate dediche a Ercole rinvenute tra Aquileia e
Grado, un valido confronto è rappresentato dalla dedica al Timavo
proveniente da Montereale (cfr. PAIS, Suppl.It. 380; G. BANDELLI, in Montereale
tra protostoria e storia, "Ce fastu?" 66, 1992, pp. 200-211,
in partic. fig. 25).
L. Mandruzzato - C. Tiussi