“Hai amici che hanno subito infortuni sul lavoro o operano in luoghi insalubri?”
1) Un mio amico si è dimenticato di usare la mascherina e si è incollato i capelli nella vetroresina: ha dovuto tagliarsi a zero tutti i capelli!
2) No, non credo
3) No, no
4) Non mi è mai capitato di vedere dei casi simili, nel senso che non ho mai visto dei miei coetanei che si siano infortunati sul lavoro
5) No
6) Allora ad esempio, un mio amico ha avuto un infortunio sul lavoro a causa di carichi pesanti che trasportava, eh… per quanto riguarda invece dei miei amici che lavorano in ambienti insalubri o che hanno a che fare con sostanze chimiche, non so, non conosco nessuno
7) Sì, praticamente c’era un mio amico che lavora nel campo della manutenzione di ascensori e mentre stava lavorando, mi ricordo più volte, lui si è fatto male perché non è stato, dice lui, attento sostanzialmente
8) No, niente in particolare perché tutti i miei colleghi appartengono all’area delle scienze umanistiche e quindi non siamo in quell’ambito
9) Non lo so, ma non me lo ricordo!
10) No! Devo raccontare aneddoti? Eh, ma no, no, non so raccontare adesso!
11) No, in questo momento non ricordo
Buongiorno a tutti, sono Luigi Menghini, sto insegnando in questa Università da moltissimi anni e spesso mi occupo sia in teoria che in pratica di problemi di sicurezza sul lavoro. Mi è stato chiesto di esporre sinteticamente l’evoluzione della normativa e dei problemi legati alla difesa della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori nel mentre svolgono la loro attività. All’inizio c’era pochissima attenzione all’elemento della prevenzione e esso si è già dovuto fare molto, affinché si considerasse invece l’aspetto della riparazione. Già prima del sistema pubblico di previdenza sociale, i lavoratori si erano dovuti riunire, nel senso che ognuno di loro metteva in un fondo una piccolissima parte del proprio salario, e attraverso questi fondi poi chi si ammalasse o avesse un infortunio potesse ricevere una piccola indennità che serviva per aiutare il lavoratore e la sua famiglia. Pian piano questo sistema di riparazione dei danni che si erano verificati è andato migliorandosi. Quando poi loro hanno cominciato a pensare anche all’aspetto della prevenzione, in Italia c’erano delle norme, sapete l’Italia è sempre un paese un po strano! Il codice civile del 1930 ha introdotto due norme che sono cosiddette “norme di pericolo”, cioè norme che puniscono il fatto che il datore o ha tolto o non ha posto in essere misure di prevenzione. Quindi il datore di lavoro potrebbe essere punito a prescindere dall’accadimento infortunistico. Queste norme prevedevano una pena molto alta. C’era una norma che richiedeva la volontà di togliere queste misure e un’altra che invece puniva semplicemente la dimenticanza, la negligenza, la trascuratezza. Venivano però poco applicate. E purtroppo invece venivano molto più spesso applicate le norme di manslaughter e lesioni personali colpose che erano puniti con sanzioni importanti, penali che venivano aggravate quando il fatto era stato commesso in violazione di norma per la prevenzione degli infortuni. Sapete, lesioni vuol dire semplicemente malattia, infortunio, la lesione è ovviamente meno dell’omicidio, però ricordate, tante volte loro dicono: “Eh, qua nessuno si muove until someone ends up being killed!”. E purtroppo è stato così per molto tempo. Quindi nel codice penale del 1930 c’erano queste previsioni che erano volte a prevenire, però esse hanno trovato scarsa applicazione, queste norme sono state applicate raramente. E ciò è successo anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, perché negli anni ’50, a metà degli anni ’50, due decreti sono stati emanati, cosiddetti “piccoli testi unici” erano, due decreti in materia antinfortunistica che miravano a prevenire; erano molto minuziosi, specifici, ma non si mirava a prevenire. E se le persone non facevano prevenzione, cosa succedeva? Ma il punto è che non succedeva quasi mai nulla, perché vi era certamente una sanzione penale, però una sanzione penale di un certo tipo, del tipo più basso. Bastava pagare e il pagamento cancellava la pena che si pagava senza fare nulla, per cui la volta successiva magari si pagava il 10% di più, ma diciamo così, sul piano dell’attuazione di misure preventive non si andava molto avanti tramite questa normativa penale. Nel sistema fascista, nel codice civile, c'era una norma che probabilmente non è parsa tanto importante quando è stata emanata, e che poi è stata molto recuperata, l’articolo 2087, forse l’avrete sentito nominare esso, esso è quello che prevede che il datore di lavoro deve adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Questa è una norma importante perché noi la chiamiamo una norma di chiusura, cioè: il datore di lavoro ha osservato tutte le norme sulle distanze, sulle cose minute che dovevi assolutamente porre in essere? Sì. Però non basta mai, perché puoi essere chiamato ad una responsabilità civile, in questo caso non penale, se non sei andato oltre tutto ciò, queste small misure, se si può dimostrare che l’esperienza e la tecnica acquisita al momento in cui il danno si è verificato, per quel particolare caso di lavorazione, di impresa e di lavoratore, non erano sufficienti a tutelare loro effettivamente. Quindi, alla luce dell'introduzione di questa norma, da un lato i datori di lavoro continuano a lamentarsi dicendo che loro non sono mai sicuri, perché qualsiasi cosa facciano, potrebbero sempre essere chiamati a rispondere. D’altra parte loro replicano dicendo: “Ma nessuno chiede, attraverso questa norma, l’introduzione di poco conosciuti, poco diffusi, costosissimi sistemi”. Diciamo che il principio è quello dell’utilizzo delle disposizioni, degli strumenti, dei meccanismi, dei dispositivi noti, previsti, collaudati, conosciuti; però questi devono essere attuati. Voglio dire se in tutta Europa nelle fabbriche siderurgiche si adottano certe misure note e che hanno funzionato, e se fra una settimana in Australia si scopre che c’è un sistema migliore, non si potrà attribuire una responsabilità al datore di lavoro perché lui non ha adottato quel migliore meccanismo che è stato appena scoperto e introdotto in pochissimi luoghi. Però è chiaro che se nelle industrie siderurgiche si utilizzano generalmente determinati meccanismi, questi meccanismi vanno utilizzati e non c’è questione di costi che possa giustificare la loro mancata introduzione. Poi oltre a questa norma di carattere generale, ma che è molto moderna, molto moderna anche perché quando la norma si esprime con parole vecchie di personalità morale, ma qui noi abbiamo diciamo così, qui si prende in considerazione la persona nella sua totalità, e quindi anche questione di mobbing, di malessere psichico, era già tutto, volendolo trovare però, in questa norma del codice civile. Poi sapete, la salute è diventata, con la Costituzione italiana, un diritto fondamentale, ma anche un interesse fondamentale della comunità. Poi va ricordato che quando la Costituzione afferma la libertà dell’iniziativa economica privata si preoccupa di limitarla proprio nel senso che deve garantire la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Da parte della Costituzione ci sono state non grandi novità negli anni ’50 e ’60, fino alla fine degli anni ’60 col movimento dei lavoratori del ’68 e ’69 che ha dato vita poi a una legge molto importante per la tutela dei lavoratori, che è il cosiddetto Statuto dei lavoratori che è stato promulgato nel 1970. E nata così una nuova idea che si è tradotta in una normativa. Cioè, a un certo punto, i lavoratori hanno detto che dovevano essere loro a dire di che cosa avevano bisogno per la loro salute e sicurezza. Dovevano essere loro i protagonisti e questo era il principio della cosiddetta “non delega”: i lavoratori non volevano delegare ai medici, agli ingegneri, ai tecnici le misure che li riguardavano, loro dovevano essere quelli a dire di che cosa avevano bisogno. E tutto questo ha trovato espressione in un articolo che in concreto non ha avuto grandissima importanza, ma che ha avuto una grande importanza per dare una nuova cultura, una nuova sensibilità al problema della sicurezza sul lavoro. Il passo successivo nel nostro paese è stato fatto per seguire le indicazioni dell’Unione Europea, che allora si chiamava Comunità Economica Europea. Quello che è successo, in altre parole, è che in Europa nei vari paesi membri c’erano normative molto diverse sul tema della sicurezza, questo comportava una lesione della libera concorrenza e allora l’Europa ha preso su di sé il tema della sicurezza sul lavoro e l’idea vincente è che i capi di Stato e di Governo, nell’1986, sono riusciti a mettersi d’accordo con la Thatcher e l’Inghilterra, il che significa che le misure in tema di sicurezza non dovevano essere deliberate unanimously, cioè deliberate nel senso che tutti gli stati membri dovevano essere d’accordo, ma potevano essere deliberate anche da una maggioranza qualificata, cioè con una certa maggioranza. Ed ecco allora che dalla fine degli anni ’80, sempre senza l’Inghilterra, importanti direttive sono state adottate: una veniva chiamata "la madre direttiva", poi, per cose particolari ci sono state le direttive figlie e sulla scorta di queste norme europee il nostro paese si è aggiornato, esso è stato aggiornato arricchendo i sistemi di prevenzione per arrivare poi agli strumenti che voi avete conosciuto, che sono poi quelli che alla fine oggi ritrovate nel cosiddetto Testo Unico del 2008. Concludo dicendo che dal punto di vista giuridico il fatto di noi aver più o meno prevenzione, in concreto dipende dalla concretezza delle norme, perché se le norme sono bellissime, ma non vengono applicate, allora noi torniamo al punto di partenza. Allora diciamo che, dall’Europa e da ciò che è stato poi attuato nel nostro paese, in effetti possiamo dire che ci sono delle moderne ed intelligenti norme. Per esempio, la mancata adozione di certi sistemi, di certi meccanismi a carattere preventivo è punita penalmente; però a noi non interessa niente che ci sia un’ammenda, che si paghi 4 euro e poi si chiuda la partita, no! Il legislatore dice: “Se tu datore di lavoro, che non hai posto in essere queste misure, e vuoi che il processo penale si chiuda, devi semplicemente attuare esse”, ed io prima di andare avanti ti dico: “Ti dò un mese, mettiti a posto e noi chiudiamo la partita”. Queste sono le cosiddette prescrizioni che vengono date al datore di lavoro e invece quando si tratta a semplice illecito amministrativo, vengono date delle diffide, che sono la stessa cosa. Voi volete chiudere questa storia, non ci interessa che voi paghiate noi. Dovete innanzitutto avere tutto in regola. E penso che queste nuove sanzioni abbiano un po contribuito a rendere più effettivo il sistema prevenzionistico, un sistema che però richiede la contemporanea collaborazione e l’impegno a tutti i livelli e non solo a livelli tecnici.