Inediti








1. Una nuova sodalitas altinate

Stele parallelepipeda in pietra calcarea (cm 153 x 61 x 18) fratta in due parti solidali e ricongiunte, abrasa sulla fronte, sbrecciata ai margini, lacunosa in corrispondenza dello spigolo destro e dell'angolo superiore sinistro; al centro dello zoccolo grezzo si nota il foro (15 cm di diametro) per l'infissione del palo di sostegno e nella parte inferiore è visibile un altro piccolo zoccolo atto a stabilizzare ulteriormente il monumento.


Proveniente dall'area altinate, venne rinvenuta il 14/3/1880 in reimpiego come XIII gradino della "Scala dei foresti" all'interno della Basilica di S. Marco (VE) e successivamente fu estratta durante lavori di restauro della scalinata stessa; attualmente si conserva al Museo Diocesano di arte sacra di S. Apollonia, nel chiostro, appoggiata al suolo su basamento di mattoni e fissata alla parete con grappe metalliche (n. inv. mancante). ­ Pasini, pp. 112-114; T.Luciani, «NSc» 1883, pp. 154-155; Pais, Suppl.It., 480.­ Inedito (Pasini, Luciani e Pais lessero solamente la parte dell'iscrizione visibile quando la stele era ancora inserita nella scalinata, cioè la prima metà delle linee 3 - 12).- Autopsia: 23/2/1997; figg. 1 e 2.

5    C(ai) Tulli C(ai) l(iberti) Philox[eni],

10     [L]ocus sepulturae sibi

Lettere regolari (cm 5 - 4,5) con interpunzione triangoliforme, P con occhiello aperto, R e Q con pedice del segmento trasversale allungato.

Epigrafe funeraria indicante il locus sepulturae di otto liberti, membri di tre famiglie distinte, probabilmente appartenenti a un collegium funeraticio, di cui una, la gens Tullia, già nota ad Altino grazie a CIL, V 2177 e 2285; per la diffusione dei Favonii e dei Braetii in Transpadana cfr. CIL, V Indices. A quanto si può dedurre dalla presenza del termine officio, leggibile alla linea 1, promotore dell'iscrizione sarebbe stato Publius Favonius Auctus, la cui serie onomastica compare sia in prima posizione sia alla fine della sequenza di nomi per riallacciarsi alla formula di destinazione del sepolcro. Egli si associò nella sepoltura sette liberti, ma poiché essi appartengono a famiglie diverse, non è possibile pensare come denominatore comune a un legame di parentela o a un'associazione tra colliberti (per quanto sia presumibile che gli esponenti della medesima gens fossero tra loro colliberti); ci si troverebbe allora di fronte ad una nuova sodalitas creata a scopo sepolcrale, in consonanza con altre associazioni segnalate in area altinate (cfr. Ghislanzoni, pp. 473-475, n. 20; G. Fogolari, pp. 6-10, n. 4; CIL, V 2253 e Scarfì, Tombolani, pp. 121-122 e 124).

Motivare la sequenza dei personaggi nell'incisione dei loro nomi appare un'operazione complessa, poiché le intenzioni che promossero tali disposizioni non appaiono identificabili, se non nella volontà di incidere tutti i nomi al momento della preparazione della stele; tuttavia, in perfetta sintonia con le consuetudini epigrafiche romane, alla serie onomastica di colui che acquistò il recinto funerario e fece approntare l'epigrafe venne dedicata la posizione di maggior rilievo. Se la buona qualificazione patrimoniale di tale personaggio corrispondesse effettivamente ad un ruolo direttivo ricoperto nella gestione del sodalizio o comunque all'assolvimento di incarichi specifici non risulta, però, possibile sapere. Chiudono l'iscrizione le indicazioni delle dimensioni dell'area sepolcrale (m 6,5 x 7,688).

Sulla base di criteri paleografici l'epigrafe si può datare all'età augustea.

Elena Zampieri