ELABORAZIONE DELLE EPIGRAFI GRECHE
PER IL NUOVO CORPUS DELLE ISCRIZIONI AQUILEIESI
di Laura Boffo
1. Approccio alle iscrizioni "in lingua greca"
La presentazione del versante greco del costituendo corpus delle iscrizioni aquileiesi deve anteporre alle considerazioni programmatiche una serie di riflessioni preliminari, che nascono dal confronto tra i metodi di approccio al materiale elaborati dalla odierna scienza epigrafica e quelli tradizionalmente impiegati dagli studi più specificatamente"aquileiesi", nei caratteri sintetizzati dalla raccolta delle Inscriptiones Aquileiae.
Le epigrafi in greco pertinenti all'antica Aquileia, lapidee e musive, pagane e cristiane, risultano all'attuale censimento 80, una soltanto delle quali è
inedita. Per quel che riguarda la problematica, mi soffermerò in particolare sulle pagane, rimandando per le cristiane all'intervento di Claire Sotinel; esistono comunque casi di qualche ambiguità
, non certo diminuita dalla formulazione"aetatis imperatoriae / aetatis christianae" impiegata nelle Inscr. Aq. per la classificazione del materiale e già
segnalata per la sua singolarità
da Olli Salomies nella recensione all'opera in"Gnomon" 1997, p. 519; mi sembra in ogni modo che il numero delle epigrafi in greco sicuramente cristiane non superi di molto la ventina. Le Inscr. Aq. ne hanno repertoriate e variamente"commentate" 45, vistosamente omettendo un numero del CIG, ben 18 numeri di IG XIV e anche testi pubblicati dallo stesso Brusin negli anni '50-'60 (come si vede, al di fuori del materiale noto all'epoca dello studioso resta ben poco). Con questo tipo di incompletezza si connette quella dei commenti (non sempre presenti) ai singoli testi, i quali trascurano non solo la bibliografia di base - con singolari omissioni, persino di contributi di Brusin -, ma anche, e soprattutto, un tipo di approccio più ampio di quello localistico (che è
ovviamente cosa diversa da quello"locale") o concentrato sul versante"romano-occidentale" di Aquileia (l'allargamento di orizzonte avrebbe consentito tra l'altro di evitare svariati errori o incertezze nella interpretazione immediata: ad esempio il Fenesios di Inscr. Aq. 3047 - già
IG XIV, 2363 - nella considerazione"d'ampio respiro" della diaspora degli"Orientali" nel mondo romano si riconosce senza difficoltà
come etnico di Phaina in Traconitide, provincia di Arabia; il senso dell'epiteto Thales per lo Zeus di Inscr. Aq. 264 - il quale"significare videtur deum qui sata et arbusta a terra germinat"- trova illustrazione dall'epigrafia della Frigia imperiale, per la quale era nota dagli anni å70 la presenza di uno Zeus Thallos,"Zeus Jeunes Pousses") (nota 1).
Neppure soccorre per l'apporto del materiale in greco al nuovo corpus il semplice coordinamento di quanto è
stato edito e/o studiato al di fuori delle Inscr. Aq., dal momento che sino ad ora con pochissime eccezioni i documenti iscritti in questione sono stati affrontati in maniera a-specifica (per darne la misura basterà
qui ricordare che è
dovuto intervenire nell 1980 Luigi Moretti ad avvisare che la formula agathe tyke all'inizio di un'epigrafe non esprime necessariamente una dedica alla dea Fortuna, bensì banalmente l'augurio del buon esito dell'offerta) (nota 2).
Stando così le cose, per la elaborazione del materiale in greco destinato al nuovo corpus risulta necessario riprendere i lavori da principio, e risalire a quell'insieme di operazioni che da un lato caratterizzano e salvaguardano la specificità
del documento e la natura della sua destinazione redazionale - la raccolta, appunto -, dall'altro gli consentono di apportare il suo contributo alla ricostruzione della storia dell'insediamento, che è
il fine del nostro lavoro. Occorrono in sostanza sia un esame rigoroso sia una impostazione problematica nuova per i singoli documenti e per le categorie di documenti (laddove è
possibile costituirle; è
comunque ovvio che i due aspetti sono inscindibili).
2.1. Iscrizioni e contesti antichi
L'esame rigoroso riguarda innanzi tutto la verifica dei dati pertinenti al lemma, a cominciare dal sito di reperimento del manufatto e dunque dalla sua attribuzione corretta a un settore dell'insediamento antico e a una struttura architettonica (al caso anche rinunciando a voler cogliere dei nessi) (nota 3). È ben noto quali conseguenze interpretative producono il collegare un'epigrafe con un luogo piuttosto che con un altro - specialmente quando il testo offre motivo, a ragione o a torto, per considerazioni topografico-archeologiche - oppure, per converso, il valutare il documento facendo astrazione dal contesto ambientale.
2.2. Aspetti topografico-archeologici
Sarà
sufficiente qui ricordare, per il primo aspetto, il rapporto instaurato tra l'epitafio in versi della mima Bassilla (Inscr. Aq. 710) e il teatro di Aquileia sulla base di un nesso formulare - mousikon dapedon - la cui pertinenza concreta è
tutta da verificare: in mancanza di dati precisi sulla contestualità
del manufatto (stando a una linea di tradizione la stele fu reimpiegata come coperchio di sarcofago e comunque non è
sicura la sua provenienza dall'area dell'anfiteatro) appare corretto assumere come ipotesi l'idea di Calderini che l'espressione impiegata per definire l'area sepolcrale della donna - il suolo"sacro alle Muse" di M. Guarducci, piuttosto che"proprio alle arti" di C. Corbato - sia riecheggiamento della poesia epigrammatica, invece di quella che, sulla base dell'uso antico di seppellire gli attori entro o presso i luoghi di esibizione, istituisce un rapporto diretto tra la sepoltura e il teatro cittadino (la cui identificazione, come è
noto, dà
problema) (nota 4).
2.3. Iscrizioni e tipologia monumentale
Per il secondo aspetto citeremo in esempio il caso della lastra bilingue Inscr.Aq.182. Prima e più estesamente in greco, poi, in forma più concisa, in latino, essa notifica l'atto di evergetismo edilizio dell'efesino Tiberio Claudio Magno, dedicato il 13 agosto 256 d.C. alla"dea signora e patria" Artemide. Trattandosi del rivestimento in marmo e della pittura di ai stoai tou naou è
parso scontato ritenere l'epigrafe (che, si badi, è
stata reimpiegata) attestazione dell'esistenza in Aquileia di un"grandioso tempio" dell'Artemide efesina, sul presupposto dell'ampia e generalizzata diffusione nell'Occidente romano della religiosità
"orientale". Per una corretta valutazione del documento occorreva invece: a) recepire i risultati della ricerca"seriale" sulle attestazioni"archeologiche" del culto nell'impero, la quale ha sgombrato il campo dai pregiudizi generali di cui s'è
detto; b) considerare tutti gli"aspetti formali e diplomatici" del testo, rilevando il fatto che la dedica è
posta"per la gloria e la fama della splendidissima città
di Aquileia e del collegio dei cacciatori di Nemesi (che si riuniscono) intorno alla dea (Artemide)", del quale il personaggio è
patrono, e che il documento si configura anche come"epigrafe di fondazione"; c) leggere il medesimo testo nella prospettiva dello stile dei documenti epigrafici riferiti alle strutture in cui si riunivano i collegi nel mondo romano, scoprendo così nelle pagine di J.-P. Waltzing (1895) che la qualifica di naos / templum può significare semplicemente la funzione religiosa del luogo di adunanza del collegio stesso e stoaiv / porticus un peristilio pertinente. Il grandioso tempio di Artemide efesina in Aquileia è
così plausibilmente diventato una schola del collegio dei cultori di Artemide / Diana - Nemesi e l'indagine si è
trasferita in maniera più congrua agli aspetti istituzionali e ideologici del rapporto fra il potere imperiale e il contesto cittadino specifico, che nel caso in questione è
doppio, aquileiese da un lato, efesino dall'altro (nota 5).
3. La verifica del testo
Da quanto si è
appena detto appare ovvio che la categoria del rigore che investe l'analisi della funzione dell'oggetto iscritto nel suo contesto a maggior ragione deve intervenire nella definizione del testo epigrafico che connota quella funzione. Il richiamo non ci sembra inutile, se consideriamo in generale l'uso disinvolto di testi"epigrafici" aquileiesi non verificati nel dettaglio, con singolari effetti -"a cascata" - di tradizione dell'errore. Lo stesso Moretti, che pure molto contribuì a sgombrare il campo dell'epigrafia aquileiese da equivoci, fondava la sua interpretazione della nota dedica di II secolo relativa agli Antenoridi (Agathe /tyke./ Euxeinoi[s]/ Antenorida[is]/ Letoi[---]/ Foib+[---?]/ ------) su di una lettura / integrazione - da fotografia - che richiede attenta verifica e che comunque non sembra rispondere appieno ai requisiti richiesti da una interpretazione sicura (nota 6).
4. Allargamento dell'orizzonte e contestualizzazione seriale
Questa considerazione ci riporta all'altra componente dell'aspetto problematico dell'epigrafia di Aquileia, trascurata, almeno per la greca, da chi ha concentrato l'attenzione sull'ambito locale: la contestualizzazione"seriale" dei vari documenti, ove sia possibile. La serialità
va affrontata naturalmente a più livelli: quello interno al singolo centro, quello regionale, o interregionale, quello generale dell'impero (in primis, per quel che ci riguarda, del settore orientale con le sue propagazioni). A quest'ultimo riguardo occorre ricordare che l'epigrafia aquileiese, in greco, in latino, pagana, cristiana, è
già
entrata in varie rassegne, la cui utilità
"a ritroso" per il chiarimento di aspetti locali non richiede qui una particolare insistenza: basterà
citare il repertorio dei"morti lontano dalla patria" di Anna Avramé(nota7)
a , quelli di Lellia Ruggini (non privo di errori, a causa appunto di un'impostazione non specificamente epigrafica) e di Heikki Solin degli"Orientali" nell'Italia settentrionale (tralascio, in questa sede, la questione del giudaismo aquileiese che non deve essere risolta in termini epigrafici e archeologici)(nota 8), di Denis Feissel dei toponimi siriaci (con l'esito che s'è
detto sopra a proposito del Fenesios di Inscr. Aq. 3047), dei Balty sugli insediamenti della Apamene (nota 9), di J.T. Milik sull'epigrafia semitica di età
romana nel Vicino Oriente (nota 10).
5. Inquadramento culturale delle iscrizioni
Appare dunque evidente per il materiale epigrafico greco aquileiese la necessità
di un approccio tecnico nuovo, o un insieme di approcci nuovi. In sostanza, lo studio di esso, sia di dettaglio sia complessivo, deve essere informato da tre nuclei problematici (ovviamente interrelati).
In primo luogo, nei limiti della valenza statistica di certi insiemi, in generale per il mondo antico e nello specifico per il caso di Aquileia, occorre soffermarsi sul fatto e sui termini dell'impiego della lingua e del linguaggio greci, ovvero dell'ambito culturale (in senso lato) in cui si inserisce il documento, ricollegandosi metodologicamente alla problematica - che è
insieme storica e filologica - del cosiddetto"bilinguismo" (in realtà
è più corretto parlare di usi linguistici) nell'impero romano, che è oggi rinnovata ad esempio dalle ricerche di Gérald Purnelle e di Bruno Rochette, ma che per Aquileia era già stata rilevata nel 1977 da Filippo Càssola(nota 11) e per Roma limpidamente definita nel 1987 da Luigi Moretti (nota 12).
In secondo luogo (e come s'è
già
accennato), se il rapporto dell'epigrafia in questione si deve instaurare naturalmente col contesto politico-istituzionale ed economico aquileiese, non bisogna dimenticare, come già
segnalava Calderini nel 1930, la specificità
dell'origine dei titolari delle iscrizioni, la quale determinava aspetti particolari e molteplici nel loro rapporto con l'impero romano (affrontando appunto lo studio dell'epigrafe di Tiberio Claudio Magno - che si dichiara insieme, e non a caso,"Efesino e decurione di Aquileia" - nella prospettiva, istituzionale, ideologica, culturale sia aquileiese / occidentale sia efesina / orientale) (nota 13).
In terzo luogo, come pure si è
detto sopra, occorre valutare la cultualità, almeno certa cultualità, in termini meno generalizzanti e omogeneizzanti, nello spazio e nel tempo, di quanto non si faccia solitamente (con le conseguenze interpretative di cui si diceva, in termini di monumentalità templare, di"sincretismi" e così via), riprendendo le prospettive di recente delineate circa il carattere locale delle"applicazioni" religiose dell'impero romano, di contro a opinioni tradizionali e tenaci, poco sensibili a uno studio"ragionato" e"circostanziato" delle testimonianze (nota 14).
Conclusioni
In definitiva, l'epigrafia in greco di Aquileia, molto più di quella in latino, per cui molto è
già
stato fatto secondo le nuove prospettive, deve ancora affrontare una serie non ridotta di passi preliminari (concettualmente: l'edizione separata e in extenso di un testo può affiancarsi all'ap-prestamento della scheda per il corpus). Da quel che si è
fino ad ora intravisto, i risultati di uno studio così concepito, nonostante la scarsa entità
numerica e la lacunosità
dei testi, potranno validamente contribuire alla resa storica della raccolta progettata.
NOTE
nota 1: ROBERT, pp. 526-529 (= ID., pp. 370-373).
nota 2: MORETTI, p. 444 (=ID., p. 367). Per altri esempi e per il tentativo di un diverso approccio vd. sotto.
nota 3: Sulla problematica relativa al rapporto epigrafia-topografia-archeologia per Aquileia antica vd. MAINARDIS, in MAINARDIS, ZACCARIA, pp. 63-64.
nota 4: CALDERINI, p. 329, nt. 1. Per il problema della localizzazione del teatro di Aquileia vd. ad esempio ZACCARIA, in MAINARDIS, ZACCARIA, pp. 80-81. Quanto all'impiego testimoniale dell¼epigrafe in questione vd. BERTACCHI, pp. 120-121; un tentativo di salvare la tradizione del rapporto dell¼epigrafe con l'anfiteatro figura in GUARDUCCI, pp. 187-189 (cfr. EAD., pp. 412-414).
nota 5: Vd. BOFFO, pp. 137-151. Sui problemi della scarsa documentazione archeologica dei luoghi di culto aquileiesi vd. ZACCARIA, in MAINARDIS, ZACCARIA, nt. 3, p. 61, nt. 7, con p. 76.
nota 6: MORETTI, pp. 442-447 (= pp. 365-370): Agathe/ tyke/ Euxeinoi[is]/ Antenorida[is]/ Letoi[e]/ Foibe/ ------, inteso come: "Buona Fortuna. Agli ospitali Antenoridi (scil. Aquileiesi), o Febo figlio di Latona, [auspica la prosperità il Tale figlio del Tale (o della Tale cittý)]"; per qualche incertezza circa la coerenza della proposta ricostruzione del testo con l'impaginazione ricostruibile vd. ID., p. 446 (= p. 369).
nota 7: A. AVRAMÉA, pp. 41-43.
nota 8: RUGGINI, pp. 186-308 (con le osservazioni di J. e L. ROBERT, n. 846 e di NOY, p. XIII), in via di riedizione aggiornata in CRACCO RUGGINI; SOLIN, pp. 740-741.
nota 9: J. et J.CH. BALTY, pp. 56-59.
nota 10: Recherches, p. 127 ss.
nota 11: CàSSOLA, p. 85.
nota 12: MORETTI, 1989, p. 5 ss.
nota 13: CALDERINI, p. 187; vd. anche BOFFO.
nota 14: Vd. ad esempio, per i culti orientali, la mise au point di MELLOR, pp. 385-400.