Corso di Dottorato in Chimica
Il problema dell'inquinamento da materiali polimerici e plastici, derivati dal petrolio, ha acquisito negli ultimi decenni una notevole importanza. Il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente ha stimato che l'utilizzo di questi materiali ha un impatto sul capitale naturale di 75 miliardi di dollari l'anno in termini di upstream (estrazione e lavorazione delle materie prime), senza tenere conto del downstream (impatto del materiale dopo che è stato utilizzato). In campo chimico e biotecnologico, le resine polimeriche a base fossile sono utilizzate come carrier per l'immobilizzazione di enzimi che catalizzano reazioni di interesse industriale, dalla sintesi di composti farmaceutici alla chimica fine, alla produzione nel settore alimentare e cosmetico. Negli ultimi anni abbiamo affrontato la sfida di rendere la biocatalisi più sostenibile e adatta ai processi su larga scala della bioeconomia sviluppando biocatalizzatori immobilizzati che sfruttano la biomassa residua dei prodotti agricoli. La lolla di riso ha attirato la nostra attenzione come potenziale carrier rinnovabile per l'immobilizzazione enzimatica. La lolla di riso è un materiale composito poco utilizzato, a bassa densità e molto robusto, ampiamente disponibile, come materiale di scarto, dalla lavorazione del riso. Questo materiale lignocellulosico è la seconda biomassa più abbondante a livello globale, prodotta in circa 120 Mt all'anno, di cui solo 20 Mt vengono utilizzati. La lolla di riso è composta da SiO2, lignina, emicellulosa e cellulosa, quest’ultima ossidabile al fine di introdurre nuovi gruppi funzionali nella matrice organica. La lolla di riso può essere riutilizzata al termine della sua applicazione industriale, rispondendo efficacemente ai criteri della bioeconomia circolare.
Il nostro studio propone un metodo sostenibile e scalabile che dimostra come sia possibile sfruttare la lolla di riso come carrier di immobilizzazione evitando l'uso di reagenti tossici, come NaIO4 e glutaraldeide. Questo metodo di immobilizzazione si è dimostrato efficace utilizzando la lipasi B da Candida antarctica (CaLB) e la lipasi da Thermomyces lanuginosus (TLL), enzimi ampiamente utilizzati nell'industria. La superficie della lolla di riso è stata caratterizzata utilizzando metodi spettroscopici avanzati presso Elettra Sincrotrone. Le applicazioni delle lipasi in ambiente acquoso richiedono l'ancoraggio covalente dell'enzima sui carrier per prevenire il distacco della proteina e la sua ripartizione nel mezzo acquoso. Il legame covalente delle proteine su qualsiasi carrier richiede l'introduzione di gruppi funzionali in grado di formare opportuni legami con le catene laterali degli amminoacidi presenti sulla superficie della proteina. Abbiamo precedentemente riportato la funzionalizzazione della lolla di riso attraverso l'ossidazione chimica della componente cellulosica utilizzando NaIO4. Per migliorare la sostenibilità e la scalabilità del processo ossidativo, è stato sviluppato un protocollo dove l’ossidazione chimica con NaIO4, tossico, è stata sostituita con l’ossidazione enzimatica utilizzando le laccasi, ossidoreduttasi presenti in vari organismi come batteri, piante, insetti e funghi che necessito di un mediatore chimico, TEMPO (2,2,6,6-tetrametilpiperidina-1-ossil) (figura 1).
Figura 1: Confronto schematico dell'ossidazione chimica ed enzimatica della componente cellulosica della lolla di riso. Il NaIO4 provoca la scissione ossidativa del glucosio con la formazione di due gruppi aldeidici. Il sistema laccasi/TEMPO ossida il gruppo ossidrile primario ad un'aldeide, che subisce l'ossidazione spontanea a gruppo carbossilico
Le lipasi CaLB e TLL (figura 2) sono state immobilizzate covalentemente sulla lolla di riso funzionalizzata. I dati dimostrano che TLL e CaLB possono essere ancorati direttamente sulla lolla di riso ossidata enzimaticamente. Un carico proteico maggiore è stato ottenuto nel caso di lolla di riso ossidata enzimaticamente, indicando una preferenza nella formazione di legami imminici con i gruppi aldeidici più accessibili. Le rese di immobilizzazione sono in linea con i precedenti dati sperimentali ottenuti nell'immobilizzazione covalente di diverse lipasi su resine epossidiche metacriliche utilizzando tampone acquoso come mezzo di immobilizzazione, che sono state sempre inferiori al 10%.
Figura 2: Modelli tridimensionali delle lipasi in conformazioni aperte utilizzati nello studio: a) CALB; b) TLL. I residui di lisina sulla superficie sono evidenziati in rosso. La triade catalitica è rappresentata con sfere di colore blu. La freccia indica l'apertura del sito attivo.
L’immobilizzazione covalente delle lipasi sulla lolla di riso ossidata presenta diversi vantaggi. In primo luogo, si riduce il costo del carrier; in secondo luogo, l'enzima può essere separato dal prodotto di idrolisi e riciclato, diminuendo ulteriormente l'impatto economico del biocatalizzatore; infine, il riutilizzo del vettore non fossile e biodegradabile alla fine del ciclo di vita del biocatalizzatore integrerebbe la sostenibilità ambientale ed economica. I biocatalizzatori, per la loro stabilità e robustezza, sono applicabili in vari mezzi di reazione e sotto stress meccanico. Nel complesso, il metodo qui presentato intende fornire un contributo allo sviluppo di una nuova ondata di carrier industriali rinnovabili per l'immobilizzazione enzimatica, in grado di sostituire i materiali a base di petrolio e di superarne il costo del capitale naturale.
Mariachiara Spennato1, Anamaria Todea1, Livia Corici1, Fioretta Asaro1, Nicola Cefarin2, Gilda Savonitto3, Caterina Deganutti1, Lucia Gardossi1
Informazioni aggiornate al: 27.10.2021 alle ore 12:00
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