Corso di Dottorato in Diritto per l'innovazione nello spazio giuridico europeo (interateneo UniUd - UniTs)
A partire dagli ultimi decenni del Novecento, sempre più Stati hanno introdotto nei propri ordinamenti una schiera d’istituti, fondati su trattative e accordi tra accusati e rappresentanti dell’autorità. Tale fenomeno è frutto di molteplici fattori, tra cui spicca la necessità pratica di individuare mezzi idonei a migliorare l’efficienza dei sistemi di giustizia criminale, schiacciati da un carico di lavoro insostenibile. Spinti dall’esigenza di affrontare questo problema, molti ordinamenti hanno pensato di introdurre nuovi schemi più snelli rispetto al modello ordinario di processo penale, perché basati sull’abdicazione dell’imputato a un fascio, più o meno ampio, di garanzie, spesso favorita dalla promessa di un trattamento sanzionatorio favorevole. In vaste parti del globo il processo penale “classico” ha così iniziato a essere emarginato. Peraltro, proprio il fatto che gli strumenti dispositivi, idonei a far terminare in modo anticipato un procedimento penale, si fondino sulla rinuncia dell’accusato a una serie di salvaguardie processuali fa comprendere un dato di primaria importanza. Tale caratteristica di fondo rende i riti in questione particolarmente problematici nel caso in cui – come spesso accade – uno Stato faccia rientrare nel novero delle salvaguardie abdicabili, pure presidi in grado di ridurre il rischio della commissione di errori giudiziari, quali, solo per fare qualche esempio, la regola di giudizio della presunzione d’innocenza, il principio del contraddittorio, il diritto al confronto con l’accusatore, il diritto al silenzio e il diritto a un doppio grado di giurisdizione nel merito. È, infatti, ovvio che relativizzare canoni quali quelli appena citati significa allentare tutele essenziali per prevenire la pronuncia di una decisione ingiusta. L’estrema delicatezza di molti procedimenti consensuali contemporanei sta proprio in questo: essi si fondano sull’idea per cui è possibile consentire agli accusati di essere giudicati a seguito un rito penale in cui viga uno standard cognitivo e di salvaguardie anche assai inferiore rispetto a quello considerato ottimale dal singolo sistema giuridico di riferimento, aumentandosi così la probabilità della commissione di errori giudiziari.
Figura 1: Consenso dell’imputato ed errori giudiziari
Alla luce di ciò, un dato sarà oramai emerso con chiarezza. L’espansione della giustizia penale consensuale non rappresenta affatto un fenomeno privo di rischi, dal momento che lo stesso è in grado di costituire una causa, insidiosa e diffusa, di miscarriage of justice. Un tanto porta a dire che i meccanismi dispositivi, idonei a far concludere in modo accelerato un procedimento penale, possono risultare uno strumento effettivamente accettabile, per perseguire lo scopo utilitaristico di ridurre il carico giudiziario in eccesso, solo ove gli Stati contemplino anche in questo contesto uno standard adeguato di salvaguardie, volte a prevenire la condanna di un innocente. Ebbene, il presente lavoro è volto a verificare proprio il tasso di garantismo in proposito del sistema penale italiano. Più in particolare, il focus è incentrato sullo studio – pressoché inedito in letteratura – del tema dell’innocence problem della giustizia consensuale nostrana, ossia del rischio che a concludere un’intesa con l’autorità siano soggetti in realtà innocenti. L’esito dell’analisi non può tuttavia dirsi tranquillizzante: in particolare lo studio della giurisprudenza in materia di patteggiamento e di messa alla prova per adulti fa comprendere come anche in Italia si sia spesso disposti, pur di perseguire scopi di ragionevole durata, ad aumentare di molto il pericolo di addivenire a una decisione ingiusta. Maggiori luci provengono, invece, dal contesto sovranazionale, a cui è dedicata l’ultima parte del lavoro. Il Consiglio d’Europa e l’Unione europea hanno recentemente cristallizzato una serie di garanzie, idonee a innalzare di molto il livello di salvaguardie degli istituti negoziati interni. L’auspicio è che tale embrione di un modello “equo” di giustizia contrattata vada al più presto applicato nella prassi pure nel nostro Paese: solo in questo modo il consensualismo penale potrà finalmente diventare un fenomeno “a misura” dei diritti della persona.
Informazioni aggiornate al: 16.12.2020 alle ore 08:31
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