Corso di Dottorato in Scienze dell'Antichità (interateneo Università di Trieste – Udine – Venezia)
Che ci dicono le monete antiche, specialmente i gruzzoli o tesori interrati e mai più recuperati? Quale la loro potenzialità documentale per ricostruire e meglio conoscere specialmente l’economia e il ruolo della moneta, in questo caso nell’impero romano? Una delle Istituzioni di riferimento nel panorama nazionale e internazionale per questo tipo di ricerche è il Medagliere del Museo Nazionale Romano con il quale l’Università di Trieste – Dipartimento di Studi Umanistici ha avviato una collaborazione di ricerca. In particolare, dalla sua istituzione avvenuta a fine Ottocento sotto la spinta dei copiosi ritrovamenti di monete effettuati nel corso dell’attività edilizia che andava progressivamente plasmando il volto della nuova capitale del Regno – in primis il materiale recuperato durante i lavori di rifacimento degli argini del Tevere – il Medagliere vide accrescere, progressivamente quanto incessantemente, le proprie collezioni non solo con i rinvenimenti da scavi (sporadici o in ripostigli) ma anche con donazioni (come la collezione di Vittorio Emanuele III di Savoia), con acquisizioni (come quella del milanese Francesco Gnecchi) di collezioni private fino a formare l’attuale consistenza di oltre mezzo milione di pezzi. In sintesi: una mole enorme di reperti monetali, un vero tesoro in gran parte inesplorato e una miniera per gli studiosi del mondo antico, alla ricerca di dati concreti per meglio definire le dinamiche economiche su basi quantitative, specialmente per la storia di Roma.
In questo ambito, le maggiori potenzialità di ricerca sono individuate nei “tesori” o “ripostigli monetali” di epoca romana imperiale, imprescindibili strumenti per indagare diversi aspetti della società romana, economici quanto storici, riflessi nel tipo e nel quantitativo di moneta tesaurizzata. A titolo esplicativo: una scelta operata seguendo criteri di peso e di qualità di metallo può identificare un tesaurizzatore attento e avvezzo nell’uso del denaro, così come l’accumulo di un determinato numerario rispetto a un altro può essere assimilabile a una tesaurizzazione di moneta “buona” per difendere i propri interessi nel corso di una crisi economica che vedeva una progressiva svalutazione del denaro, oppure identificare un accumulo di emergenza, riflesso dell’instabilità politico-militare che minava la sicurezza dell’Impero e dei suoi cittadini. Rientra in questo tipo di ricerca il progetto di dottorato qui illustrato, che si prefigge di documentare, analizzare e studiare il contenuto di alcuni importanti ripostigli romano-imperiali di III sec. d.C. di moneta argentea conservati nel Medagliere del Museo Nazionale Romano, per un totale di ca. 6.400 monete. Obbiettivi dell’indagine sono l’analisi delle testimonianze numismatiche occultate in un determinato frangente per dedurre informazioni storiche, politiche ed economiche così da restituirle alla nostra conoscenza dopo la lunga giacenza nel terreno.
Figura 1: Denario di Nerone (54-68 d.C.) coniato nella zecca di Roma nel 67-68 d.C. ca. (dritto)
La prima parte di questo progetto ha riguardato lo studio di un ripostiglio di denari acquistato dallo Stato italiano nel 1923 e proveniente, secondo la documentazione dell’epoca, dalla Siria – sebbene si tratti verosimilmente di un rinvenimento libanese. Il ripostiglio si compone di 261 denari, moneta romana d’argento di ca. 3 grammi, e presenta un range cronologico compreso tra le emissioni di epoca neroniana (67-68 d.C. ca.) (fig. 1) e quelle di Caracalla (198-217 d.C.). Con quale risultato? Piuttosto interessante perché questo accumulo di moneta argentea dimostra la stabilità del denarius dalla riforma di Nerone almeno fino alla fine del II secolo, quindi per un secolo e mezzo. E se fosse proprio questa solidità del sistema monetario una delle ragioni dello sviluppo economico dell’impero romano tra I e II secolo?
Ecco cosa ci dice l’analisi delle emissioni presenti nel ripostiglio (sintesi quantitativa fig. 2). Prima di tutto la sua struttura appare analoga a quella di altri accumuli coevi, che si caratterizzano per l’assenza di moneta romana repubblicana e di primo impero. Quei nominali erano scomparsi dal mercato perché la riforma monetaria voluta da Nerone nel 64 d.C. diminuì il peso e il fino della valuta d’argento (il denario), provocando un aumento del valore dei precedenti analoghi nominali (divenuti migliori per peso e intrinseco) e di conseguenza la loro scomparsa dalla massa della moneta circolante; in partica accadeva quanto enunciato dalla cd. legge di Gresham per la quale la moneta “cattiva” (o conveniente) scaccia dalla circolazione quella “buona” (o preziosa). A chi era appartenuto e quando fu nascosto questo “risparmio” dell’importo di poco superiore allo stipendio annuo di un soldato, fissato da Augusto a 225 denari all’anno? Possiamo ipotizzare sia appartenuto a soldato che aveva prestato servizio in qualche legione in Oriente, probabilmente reduce delle campagne militari di Settimio Severo e che il periodo di occultamento preceda di poco lo scoppio della guerra partica voluta da Caracalla tra il 215 e il 217.
Figura 2: Ripostiglio "dalla Siria", composizione del nucleo di denari
È questo il primo step della ricerca dottorale che, per mezzo dell’analisi dei ripostigli conservati nel Medagliere del Museo Nazionale Romano provenienti dal territorio urbano di Roma, ha lo scopo di far emergere informazioni economiche in particolare riguardanti la diffusione e il volume di produzione delle singole emissioni monetarie, il variare dell’uso della moneta in città rispetto agli insediamenti periferici, la ricostruzione su basi quantitative di processi inflativi o di svalutazioni provocate dall’incremento della domanda di moneta per fronteggiare le spese militari o di gestione dell’apparato amministrativo dell’Impero. Temi di ricerca poco frequentati per l’antico, forse utili per comprendere anche le attuali complessità del nostro sistema monetario.
Informazioni aggiornate al: 09.9.2020 alle ore 09:33
Contact: Webmaster - Dottorati Home pagina curata da: la Segreteria Dottorati di ricerca
Piazzale Europa, 1 - 34127 - Trieste, Italia -
Tel. +39 040 558 7111 - P.IVA 00211830328
C.F. 80013890324 - P.E.C. ateneo@pec.units.it