La serie di interventi si apre con la relazione della prof.ssa Vezzosi, docente di storia delle istituzioni americane. La professoressa descrive il movimento pacifista americano, più vasto e composito dei precedenti: esso coinvolge circa il 20% della popolazione, ma il sentimento anti-guerra non manifestato pubblicamente è ancor più diffuso e si oppone all'aggressivo unilateralismo dell'amministrazione Bush. I media americani in maggioranza appoggiano l'intervento in Iraq, ma non mancano autorevoli fonti di dissenso, come il New York Times.
Il prof. Zenezini, docente di politica economica, sostiene che ragioni economiche, quali le risorse petrolifere e l'influenza delle lobby industriali e militari, non siano sufficienti a spiegare la decisione di attaccare l'Iraq. Poiché la guerra non contribuisce alla crescita economica, le vere ragioni vanno ricercate in analisi politiche e strategiche.
Il prof. Giangaspero, docente di diritto costituzionale, si concentra sull'ordinamento italiano e osserva che l'art. 11 della nostra Costituzione è a volte citato in maniera strumentale da chi sostiene la pace tout court come da chi è a favore dell'intervento armato in Iraq. In realtà, l'art. 11 consente all'Italia di partecipare ad una guerra, ma soltanto a certe condizioni: per legittima difesa propria o collettiva e con l'avallo delle Nazioni Unite. La partecipazione dell'Italia al conflitto iracheno, per quanto marginale, sarebbe dunque costituzionalmente illegittima. Inoltre, nel passato e nel presente, i Governi italiani hanno costantemente ignorato l'art. 78 della Costituzione, che riserva al Parlamento la decisione dell'entrata in guerra.
Nel pomeriggio, i seminari continuano con la relazione del prof. Delben, docente di chimica industriale. I dati che presenta dimostrano che l'appropriazione delle riserve petrolifere mediorientali da parte dei Paesi Occidentali è uno strumento necessario per mantenere ai livelli attuali la velocità di estrazione del petrolio e quindi a soddisfare il nostro fabbisogno energetico dei prossimi anni.
Il prof. Milanese, docente di politica sociale, illustra una chiave di lettura diversa del concetto di 'conflitto'. Se 'l'altro' viene inteso come 'partner' si avrà il superamento del conflitto attraverso la cooperazione e quindi un miglioramento del sistema sociale. Se, in caso contrario, 'l'altro' viene considerato un nemico da abbattere per inseguire il proprio interesse, si arriverà ad una risoluzione violenta come quella attuata dagli Usa in Iraq.
Con un'analisi geopolitica, il prof. Sema, storico-militare e collaboratore della rivista Limes, interpreta líintervento Usa in Iraq alla luce della teoria del 'domino offensivo' e della strategia psicologica dello 'shock and awe', 'colpisci e sgomenta'; gli iracheni per parte loro resistono con una tecnica di difesa asimmetrica fondata sulla guerriglia. Il fallimento dell'Onu e il tentativo unilaterale di ridisegnare l'equilibrio mondiale cancellano la legalità internazionale lasciando spazio alla barbarica legge del più forte.
Conclude la giornata di seminari il prof. Negrelli, docente di storia delle dottrine politiche. Dopo un rapido excursus sulla storia dell'Iraq nell'ultimo secolo, in cui spicca il ruolo degli Stati Uniti, il professore ha delineato i tratti fondamentali della politica estera Usa dagli anni ottanta alla strategia post-11 settembre, animata dalla paura di un pericolo imminente e dal mito della missione portatrice di democrazia e libertà. Devono essere smentite le teorie politiche semplicistiche della 'fine della storia' e dello 'scontro di civiltà', che vedono gli Stati Uniti potenza naturale che controlla l'ordine mondiale. Il fatto di non aver mai subito la guerra in casa propria li conduce avventatamente ad intraprendere un nuovo confitto nel tentativo di affermare il proprio neo-imperialismo.
La partecipazione alla giornata di seminari è stata notevole sin dal mattino e negli ultimi interventi del tardo pomeriggio si sono addirittura raggiunte le 180 presenze.
Ricordiamo l'appuntamento di domani pomeriggio nell'Aula Magna dell'edificio centrale, Piazzale Europa, intitolato 'la cultura contro la guerra', e la nostra presenza costante nell'aula laboratorio delle guerre ogni giorno alle 17.00 al primo piano della Facoltà di filosofia, v. dell'Università 7.
Studenti contro le guerre