statuto • documenti • presentazioni • iniziative • contatti • links

 

Alcune idee per una storia della militarizzazione

del territorio friulano e dell’opposizione pacifista.

Gian Luigi Bettoli

Intervento alla conferenza CUSPR "La guerra permanente e le sue basi", tenutasi a Trieste il 20 dicembre 2006



1. Finalmente si discute concretamente di riconversione. Nonostante un lungo passato di attività nei movimenti pacifisti e nonviolenti, mi sono ritirato dall’impegno diretto in questi ultimi anni, dedicandomi soprattutto allo studio. Questo mi ha permesso fra le altre cose di ricostruire episodi legati alla storia della militarizzazione del nostro territorio, utili per capirne alcune caratteristiche di lunga durata, che ben si coniugano con l’attualissima ricerca di Andrea Licata sulle possibilità di riconversione della base americana di Aviano.

Purtroppo, nonostante l’ampia produzione di materiale a stampa da parte della galassia pacifista, ne manca una sistematica archiviazione (anche a livello personale), per cui debbo necessariamente ricorrere alle labili tracce della memoria per sostituire la documentazione non disponibile. Uno dei primi ricordi è relativo alle discussioni nei Comitati per la Pace del Pordenonese negli anni ’80 e ‘90, a proposito della necessità di individuare proposte concrete di riconversione della base Usaf, per essere maggiormente credibili ed incisivi e superare il livello della pura propaganda. In alcuni casi si è riusciti ad organizzare dei momenti di confronto pubblico su queste tematiche, in particolare con la partecipazione del prof. Rodolfo Ragionieri dell’Università di Firenze, esperto delle tematiche di disarmo internazionale. Ma – nonostante l’interesse di quei confronti – non si è riusciti a superare la fase preliminare.

Ciò nonostante, proprio in quei confronti avianesi emersero alcuni aspetti oggi ripresi nell’analisi di Licata, anche grazie agli studi di carattere internazionale sugli effetti della presenza delle basi militari. In primo luogo, l’effetto corruttivo su una parte della popolazione, coinvolta nel mercato immobiliare, nelle attività commerciali e nell’assunzione diretta da parte delle forze armate statunitensi. Numeri relativamente ridotti, quanto agli assunti diretti (poche centinaia), ma che si ampliano a macchia d’olio per quanto riguarda gli affitti, creando un consenso per i militari anche a livello di ceti popolari. Quanto alle attività commerciali ed alberghiere, esse risentono di una discontinuità, dovuta sia agli investimenti di “Aviano 2000” che hanno internalizzato molti servizi all’interno della Base, ma anche ai cicli di impegno bellico, che creano – con la presenza di militari non solo statunitensi – fasi di maggiore o minore domanda di servizi, che si legano ad una diffusa, ma precaria, economia dell’intrattenimento.

In occasione di un dibattito, è stato interessante il confronto sviluppatosi fra due esponenti usciti dal mondo della Democrazia Cristiana, al fine di puntualizzare le strategie opposte di fuoriuscita da quella che appariva – nei primi anni ’90 - una crisi irreversibile della militarizzazione. Aspettative per altro rapidamente superate dagli sviluppi della situazione internazionale: purtroppo le aspettative di disarmo assunte dal movimento pacifista, e soprattutto dalle sue componenti nonviolente, dopo il “crollo del muro” nel 1989 si sono rivelate del tutto infondate, ed alla riduzione della militarizzazione in alcune aree europee ha fatto da contraltare l’esplodere dei conflitti a livello mondiale.

Ma – ed è quello che ci interessa in questo momento – quel confronto avianese metteva in rilievo due elementi strutturali. Il primo è la funzione strumentale dell’aliquota di occupazione presso la base americana, soprattutto rappresentata dal ruolo dell’allora segretario della Fisascat-Cisl provinciale, Giovanni Cardellini, le cui prese di posizione si accompagnavano sistematicamente ad ogni (vero o presunto) annuncio di riduzione della presenza americana, con attacchi alle autorità pubbliche, la rivendicazione di alternative occupazionali e – invariabilmente – durissimi attacchi a chiunque mettesse in discussione la presenza della base militare. Ovviamente, proprio alla rivendicazione di sicurezza occupazionale può corrispondere l’elaborazione di ipotesi di riconversione ad uso civile della base, ma questo aspetto appare secondario rispetto alla brutale chiusura del sindacato dei dipendenti della base, di fatto storicamente subalterno alle forze armate statunitensi.

Merita ricordare come nelle basi americane in Italia sia ammessa solo la presenza di Cisl ed Uil, mentre la Cgil non viene riconosciuta dalle autorità statunitensi, in patente dispregio dal diritto sindacale italiano. Questa forma di monopolio arbitrario della Cisl si trasforma in una forza aggiuntiva del “datore di lavoro” americano, abituato da sempre a trattare con una controparte molto disponibile, come mi hanno testimoniato operatori sindacali di quella stessa organizzazione.

Fu invece l’allora sindaco democristiano di Aviano, l’ing. Giovanni Tassan Zanin (esponente dei settori moderati della Dc, e poi di Forza Italia) a ricordare come fosse stata propria l’amministrazione di sinistra del 1975-1980, guidata dal sindaco Luigi Gant, a realizzare la prima iniziativa autonoma di sviluppo economico locale, con l’individuazione di una zona industriale. Una iniziativa tutto sommato non eccezionale, realizzata in ritardo rispetto ad altri comuni in situazioni analoghe nella fascia pedemontana, che hanno potuto usufruire dell’inurbamento della popolazione dei centri montani, mentre i giovani avianesi sono stati in buona parte espulsi da un mercato immobiliare drogato dalla presenza americana.

 

2. I primi passi della militarizzazione. La questione della presenza militare non può però essere limitata alla sola presenza della base di Aviano. E’ soprattutto il primo decennio del Novecento a vedere la militarizzazione sistematica del territorio friulano, in rapporto alla crisi della Triplice Alleanza ed alla preparazione dello scontro armato fra Italia ed Austria-Ungheria. Se da parte italiana questo corrisponde all’insediamento di nuove caserme nei vari centri, alla costruzione di una rete ferroviaria richiesta in parte dai militari ed all’edificazione di fortificazioni confinarie [1], da parte austro-ungarica si assiste al potenziamento della flotta militare: sullo sfondo del convegno socialista internazionale di Trieste del maggio 1905 si odono i colpi di cannone che salutano il varo nel Cantiere San Marco della corazzata Magdala [2].

La presenza militare italiana assume aspetti complessi. E’ consolidato l’utilizzo antipopolare delle forze armate in funzione di repressione antipopolare: ad esempio contro le operaie tessili del Cotonificio Veneziano di Rorai e Torre (quando si arriva a presidiare con ben 2.000 soldati la città) e del Cotonificio Makò di Cordenons nel 1904, contro gli operai della Fabbrica concimi di Vallenoncello nel 1905, contro la popolazione di San Quirino in rivolta contro la mancanza di fonti di acqua potabile e contro le operaie del Cotonificio Amman di Fiume Veneto nel 1906, e via di seguito, fino alla repressione dei movimenti per il pane ed il lavoro degli emigranti disoccupati nella primavera del 1915 nella Pedemontana, proprio a partire da Aviano, e poi nuovamente nel dopoguerra. E’ l’esercito ad essere coinvolto nel massacro di Spilimbergo nel 1919, nel quale soldati e borghesi armati sparano contro una manifestazione di disoccupati, e sono nuovamente le truppe a conquistare Torre, difesa in armi dagli operai contro l’invasione fascista del Friuli del maggio 1921 [3].

Ma la militarizzazione del territorio è anche ambita dalle amministrazioni locali, che si contendono gli insediamenti, come nel caso della contesa fra Udine, Pordenone e Sacile sulla nuova sede del Distretto Militare nel 1906. La stessa giunta di sinistra pordenonese, costituita da radicaldemocratici ed appoggiata dai socialisti, cerca di ottenere la sede del Distretto su spinta dei commercianti locali, e ne viene espropriata solo per una manovra del deputato liberale del collegio. La posizione non strettamente antimilitarista dei socialisti locali, in questo caso, appare per altro legata alla funzione essenzialmente burocratica del Distretto, mentre è coerentemente pacifista quando, nel 1908, uno schieramento sociale e politico “trasversale” (che va dalla sinistra radicale ai moderati, fino alla destra clericale) accetta l’insediamento di caserme per l’insediamento di truppe [4].

Sul piano locale la presenza militare, fonte di gravami sociali ed urbanistici per la quasi totalità della popolazione, viene vista con favore da commercianti e pubblici esercenti per il beneficio che questa categoria avrebbe - sola - in termini economici. L’opposizione socialista al progetto di insediamento di una guarnigione in città si nutre non solo di valutazioni politiche generali, legate al pacifismo ed all’internazionalismo del movimento operaio, ma anche di queste considerazioni di carattere sociale. Al contrario i clericali, cioè il partito cattolico moderato alleato dei liberali conservatori, ben lungi dall’interpretare un’istanza di tipo pacifista ed antiistituzionale, sostengono l’insediamento dei militari per compiacere la loro base elettorale piccolo borghese. Non solo: l’arrivo del presidio in città servirà da deterrente contro il rafforzarsi del movimento operaio, secondo quanto affermano i clericali stessi [5].

Da parte socialista, si sottolinea come l’insediamento della guarnigione vada a discapito delle finanze comunali, le quali devono al contrario essere impegnate a favore di un consistente piano di interventi in città. Se vuole insediare la guarnigione, il governo lo faccia con le sue disponibilità. Si minaccia di far cominciare la propaganda antimilitarista, finora priva di obiettivi concreti per la mancanza di una guarnigione. Il redattore del settimanale socialista è facile profeta di quello che sarà un tema ritornante della propaganda di sinistra di tutto il secolo successivo, in perenne competizione con un’opinione pubblica plasmata da minoranze speculative favorite dai commerci con i militari e da centri di potere ed informativi proni alle esigenze del potere [6].

Stessa vicenda è quella dell’insediamento della caserma di Spilimbergo, dove per altro i socialisti non assumono posizioni antimilitariste come i compagni pordenonesi, espressione di un forte e cosciente proletariato di fabbrica. Tale atteggiamento, espressione di un centro di intermediazione locale a servizio della campagna, ci permette per altro di comprendere bene i costi che la collettività locale deve assumersi per l’insediamento militare, ed i tempi accelerati in cui avviene l’acquartieramento, facile pronostico dei futuri anni di guerra.

La cifra necessaria per realizzare la caserma viene concessa dalla ditta appaltatrice del dazio e dalla Banca di Spilimbergo. I lavori per accogliere i militari sono realizzati a tempo di record, visto che si ipotizza che i mutui siano concessi all’inizio di settembre, mentre la truppa (trecento uomini ed altrettanti cavalli) giunge a Spilimbergo ai primi dell’ottobre successivo. La concessione del mutuo da parte della ditta Trezza (che fornire i tre quarti della cifra necessaria) viene fatta con un onere apparentemente irrisorio per il comune: la contropartita è l’aggravio del dazio - e del prezzo - delle carni, a scapito dell’alimentazione dei cittadini e del reddito degli allevatori più poveri, costretti a vendere sottocosto i capi di peso ridotto. Le spese - che appaiono ammontare ormai a novantamila lire - lievitano successivamente, a fronte di elementi indispensabili per l’edificio, come le latrine, l’infermeria cavalli, la mascalcia, la rimessa per i carri militari, la deviazione e copertura della roggia, per un totale di altre cinquemila lire [7].

La realizzazione delle nuove caserme implica fenomeni di corruzione e di grave sfruttamento dei lavoratori impegnati negli appalti di costruzione, come avviene a Pordenone a partire dal 1909. In rapporto al susseguirsi di diverse ipotesi insediative, si verificano speculazioni edilizie e favoritismi a ditte in cui sono coinvolti in prima persona gli stessi amministratori locali moderati. I militari non pongono limiti ai loro capricci, pretendendo continuamente nuove soluzioni e costringendo il Comune ad ingenti spese per le costruzioni e le infrastrutture, non esclusa la realizzazione di nuove strade. In un caso si deve sostituire il Vial d’Aviano, “tagliato” dall’insediamento definitivo: è una significativa similitudine con la vicenda a noi contemporanea della strada di Pedemonte ad Aviano. Si giunge a dissanguare le casse comunali, impedendo gli interventi in ambito sociale. Una volta iniziati i lavori, nel 1912-1913 l’impresario Daniele Marin (già denunciato dal sindacato tedesco come arruolatore di crumiri a Brema negli anni precedenti) licenzia decine di operai qualificati per sostituirli con manovali assunti per salari inferiori. Il lavoro si svolge con modalità di cottimo massacranti e con crescenti restrizioni ai regolamenti di lavoro, sotto la costante minaccia di nuovi licenziamenti in tronco [8].

Quando – a partire dal 1910 – inizia l’insediamento militare, dapprima provvisoriamente nelle cosiddette Casermette, comincia a manifestarsi un nuovo fenomeno: quello delle violenze dei militari, soprattutto ufficiali, nei confronti dei civili, con aggressioni a singoli cittadini, atti di autoritarismo e perfino, in un caso, un’azione intimidatoria nei confronti di Gino Rosso, corrispondente del settimanale socialista Il Lavoratore Friulano. La presenza militare assume i connotati dell’occupazione coloniale, anche se le pubbliche amministrazioni si affannano ad organizzare momenti di socializzazione offerti ai nuovi ospiti. Colpisce la coincidenza fra gli arroganti comportamenti manifestati nei confronti della popolazione locale da reparti che di lì a poco vengono impegnati nella conquista della Libia. Più in generale, sia da parte socialista che dagli stessi ambienti cattolici prima favorevoli si denuncia la corruzione dell’ambiente locale da parte dei militari ed i fenomeni di violenza, in particolare nei confronti delle donne [9].

Non va però sottovalutato il clima di euforia e consenso prodotto dalle innovazioni tecniche, che presto saranno utilizzate a fini militari: come l’istituzione della Scuola di volo della Comina (la prima in Italia, quasi coeva dell’aeroporto di Aviano), luogo di sperimentazione, dove si potevano trovare abili costruttori come l’anarchico istriano Andrea Tomsich, oppure proletari cultori della nuova arte, come il contadino socialista e futuro capolega della Federterra Francesco Ortolan. Se da quel campo prenderà il volo più volte Gabriele D’Annunzio per le sue missioni belliche, sempre da lì verranno le mitragliatrici per la difesa di Torre nel 1921 [10].

Episodi che suggeriscono come l’alternativa al militare non possa camminare su gambe che trascurino la funzione di intrattenimento ed anche mitopoietica della competizione e dell’innovazione nella scienza e nella tecnica: quei fenomeni per i quali – mentre alle manifestazioni pacifiste viene tanta gente solo quando si sente l’emozione per la guerra imminente – molte più persone si danno al “turismo di guerra” durante le manifestazioni aeree o si sono affollate davanti alla base di Aviano durante le guerre balcaniche degli anni ‘90. C’è una necessità di produrre uno sforzo di fantasia da parte pacifista, che deve per altro accompagnarsi ad una presa di coscienza degli effetti sconvolgenti dei conflitti seguiti a quell’opera di militarizzazione: se il massiccio insediamento atomico nel Nordest della Guerra fredda (missili terra-aria e terra-terra, mine atomiche e bombe a trasporto aereo) non ci ha portato al temuto olocausto nucleare, le sole precedenti distruzioni belliche convenzionali della Prima guerra mondiale hanno provocato un regresso nello sviluppo economico pari a quarant’anni, un prezzo inusitato.

 

3. La guerra fredda e l’insediamento della base Usaf di Aviano. Nel secondo dopoguerra, i primi anni ‘50 sono segnati dal dispiegarsi della Guerra fredda, che comporta la concentrazione di un terzo dell’esercito italiano in Friuli e l’apprestamento di una grande base aerea americana ad Aviano, che sarà circondata da una cortina di missili nucleari “tattici” destinati a distruggere la regione in caso di conflitto. In Corea si combatte il principale conflitto armato fra i paesi occidentali e quelli comunisti, con il coinvolgimento diretto della Cina e l’utilizzo da parte statunitense di armi batteriologiche. Nei paesi coloniali si combattono sanguinose guerre di liberazione. Le visite dei generali americani (oggetto di forti contestazioni popolari) creano un clima nel quale è realistico il terrore del possibile scoppio di una guerra atomica.

E’ in quegli anni che si svolgono le prime iniziative sindacali, che interessano gli operai edili impegnati nei lavori di apprestamento della base. Tutto si svolge in gran segreto: non si sa chi siano le ditte e quali lavori siano in corso. Quando due sindacalisti si recano presso i cantieri, vengono accerchiati da militari americani, e non rimane loro altra alternativa che convocare la ditta a Pordenone, per svolgere la trattativa presso la Camera del Lavoro [11].

Nel gennaio 1951 l’esercito invia ai giovani congedati le cartoline rosa di preavviso del richiamo in servizio, provocando un salto di qualità nella tensione bellicista. La sinistra organizza una campagna per bruciare pubblicamente le cartoline rosa nelle piazze, cui le autorità reagiscono con una dura repressione: molti attivisti sono arrestati e condannati dal Tribunale militare di Padova a detenzioni da 12 a 18 mesi. E’ generalizzato il ricorso anticostituzionale ai Tribunali militari per la repressione del dissenso politico, con il moltiplicarsi di lunghe condanne carcerarie nei confronti degli esponenti pacifisti.

Nell’aprile 1954 viene arrestato il sindacalista comunista Giovanni Migliorini, accusato  di violazione di segreti militari per la pubblicazione di un opuscolo del movimento dei Partigiani della Pace che denuncia la militarizzazione del territorio e la repressione contro i pacifisti. Migliorini viene condannato a 26 mesi, che sconta per gran parte nel carcere militare di Gaeta [12].

 

4. Per una storia della militarizzazione. Nei decenni successivi, la collocazione in regione di nuove armi di distruzione di massa, come le “mine atomiche” e la pesante cappa delle servitù militari che ostacolano le attività agricole, i collegamenti stradali e ferroviari e lo stesso sviluppo industriale di alcuni comprensori, le martellanti attività dei poligoni di tiro (che nel Friuli occidentale spaccano letteralmente il territorio in due, con rischi estremi per la popolazione, come dimostrano gli sgomberi di paesi sul Ciaurlec, i danni prodotti dagli attraversamenti dei mezzi corazzati, i casuali bombardamenti di centri abitati come Arba o Vajont ed incidenti che, nel caso di Maniago, rischiano di coinvolgere lo stesso stabilimento della Zanussi Metallurgica) sono all’ordine del giorno, e coinvolgono non solo istituzioni locali ed organizzazioni politiche e sindacali, ma anche singoli cittadini esasperati, e talvolta intere popolazioni. Di tutto ciò deve ancora essere scritta la storia, se si eccettuano singoli episodi, come le lotte contro il poligono del Bavera in Carnia e ad Osoppo degli anni ’70 [13].

Lo studio dello stesso insediamento americano di Aviano merita una analisi approfondita, come quella iniziata nei primi anni ’80 da Sigfrido Cescut, che vi dedicò una serie di reportage pubblicati sul mensile della Fgci pordenonese Progetto Aperto, non a caso ampiamente diffusi (non sappiamo con quale successo, la nostra impressione è che non sia stato piuttosto disattento) fra gli attivisti pacifisti di Comiso, per testimoniare la contraddittoria realtà seguita all’insediamento statunitense in Friuli. Si trattava di prime analisi puntuali della presenza della base aerea e della sua relazione con il territorio, dallo stravolgimento del tessuto locale (chi ricorda oggi come il nuovo paese di Vajont, costituito nei primi anni ’70, vide per anni un insediamento di militari statunitensi superiore a quello degli ertani e cassanesi superstiti?) al regime di extraterritorialità ed extralegalità dei militari della base, fino alla storia delle tante ragazze avianesi sposatesi ai militari, in una nuova forma di emigrazione transoceanica. Fino alla realtà odierna di una particolare immigrazione costituita da ex militari e dalle loro famiglie di diversa origine geografica, rappresentanti la costellazione del sistema militare statunitense all’estero. Fra i quali c’è una quota, anche se non vastissima, di statunitensi che decidono una personale “riconversione dal militare al civile”.

 



 

[1] Sul riarmo italiano, cfr. ACCADEMIA UDINESE DI SCIENZE LETTERE E ARTI, Confine orientale e strategia difensiva prima della grande guerra, Tavagnacco, Arti Grafiche Friulane, 1997.

[2] BETTOLI, Gian Luigi, Una terra amara. Il Friuli Occidentale dalla fine dell’Ottocento alla dittatura fascista, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 2003, secondo volume, p. 24.

[3] BETTOLI, Gian Luigi, Una terra amara, cit., volumi primo e secondo, e Idem, Le metamorfosi di un sindacato industriale: idee per una storia della Camera del Lavoro di Pordenone, in: BETTOLI, Gian Luigi e ZILLI, Sergio (a cura di), La CGIL e il Friuli Venezia Giulia 1906-2006, Cgil Friuli Venezia Giulia, Mestre, 2006, volume primo.

[4] BETTOLI, Gian Luigi, Una terra amara, cit., volume primo, pp. 368-370 e 447-448.

[5] Il Lavoratore Friulano, n. 180 del 28 marzo 1908, Per una guarnigione militare.

[6] Il Lavoratore Friulano, n. 181 del 4 aprile 1908, Il gioco del Governo.

[7] Il Lavoratore Friulano, nn. 253 del 7 agosto 1909,  pag. 2, La nuova caserma - La generosità della ditta Trezza - Si spendono 60.0000 lire e si fa aumentare il prezzo della carne e 282 del 26 febbraio 1910, pag. 3, Le spese impreviste, articolo firmato Ivos.

[8] BETTOLI, Gian Luigi, Una terra amara, cit., volume primo, pp. 485, 499-500, 506, 548-550, 558-560, 644, 668 e 688-691.

[9] BETTOLI, Gian Luigi, Una terra amara, cit., volume primo, pp. 546, 677-678 e 699.

[10] BETTOLI, Gian Luigi, Le metamorfosi di un sindacato industriale, cit., p. 50 (testimonianza della prof. Teresina Degan).

[11] Intervista a Mario Bettoli, allora sindacalista della Cgil, 8 novembre 2005.

[12] GIUNTA GIOVANILE DEI PARTIGIANI DELLA PACE, Il Friuli, terra senza legge aperta allo straniero, Pordenone, [1953]; VIDAL, Luigi, Bombe ad Aviano, carcere a Gaeta. Un operaio destinato a entrare in Parlamento fu condannato per aver detto la verità sulla Base, in: Il Gazzettino del 18 maggio 1999.

[13] ASSOCIAZIONE BALDUCCI (a cura di Francesco MILANESE), Lotte popolari nonviolente in Friuli, Udine, Extralito, 1993.