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Donne e salute riproduttiva in un villaggio maya dello Yucatan.
Il caso della
sobada
Scheda tesi di dottorato
Tesi di dottorato
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Patrizia
Quattrocchi
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Dottorato
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Etno-antropologia
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Dipartimento
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Dipartimento di studi glotto-antropologici
e discipline musicali |
Università
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Università degli
studi di Roma “La Sapienza”
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Direttore
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Prof. Alessandro
Lupo
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Anno accademico
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2004/2005
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La sobada è una delle pratiche
terapeutiche più diffuse nello Yucatan, soprattutto in relazione alla salute
riproduttiva e alla gravidanza. Si tratta di un massaggio che ha il fine di
“riposizionare” un organo o una parte del corpo (nel caso della gravidanza, il
bambino) nella posizione considerata “corretta” secondo la locale concezione
del corpo (idea di ordine/disordine, equilibrio, allineamento organi interni.
Viene effettuata una volta al mese dalla levatrice alla donna incinta, e
diverse volte durante il puerperio.
Da semplice tecnica di massaggio,
quale potrebbe apparire, la sobada rappresenta, al contrario, una manipolazione del
corpo (fisica e simbolica) che, nel contesto di crescente medicalizzazione del
parto, ha assunto significati inediti.
Intorno alla sobada si intersecano infatti
differenti discorsi: riproduttivi, cognitivi (idee sul corpo), politici
(controllo del corpo femminile), di genere (relazioni uomini/donne), medici
(rapporto tra sapere medico locale e biomedicina) e pragmatici (difesa del
ruolo delle levatrici e del sapere indigeno di fronte al sapere “globale”
rappresentato dalla medicina moderna). Quest’ultimo aspetto è stato
approfondito analizzando la convinzione delle donne di Kaua che sottoporsi alla
sobada eviti il rischio di un taglio
cesareo. Nei discorsi locali, sobada e taglio cesareo si confrontano e
diventano espressione di due modalità differenti di concepire il parto: da una
parte un processo fisiologico e normale della vita della donna; dall’altro un
evento “medico”, da confinare a un luogo “altro” (l’ospedale) e da trattare di routine come patologia (abuso di
tecnologia e di medicinali, alto tasso di cesarei non giustificati, trattamento
della partoriente come “paziente”, etc.). Molte donne maya, nonostante abbiano
accesso agli ospedali, preferiscono ancora partorire nella propria casa con la
levatrice e rivendicano - anche attraverso la sobada - la possibilità di gestire il processo riproduttivo secondo
i propri valori e la propria visione delle cose.
Note biografiche sull’autrice
Dottore
in etno-antropologia, dal 2000 lavora sulla salute
riproduttiva delle donne maya. Dal 2006 al 2009 è ricercatrice presso il Centro
de investigaciones dr. Hideyo
Noguchi dell’Università autonoma dello Yucatan. Nel
2010 rientra all’Università di Udine dove si occupa di antropologia medica.
Per contattare l’autrice:
patriziaquattrocchi@yahoo.it
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