Il rispetto per la Pachamama. Pratiche ancestrali, innovazione e
contraddizioni in Bolivia
Scheda tesi di laurea magistrale
Tesi di laurea di
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Mariagiulia
Costanzo
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Corso di laurea magistrale in
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Discipline
economiche e sociali per lo sviluppo e la cooperazione |
Dipartimento
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di Scienze
politiche e sociali
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Università
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Università della Calabria
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Relatore
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prof. Giuseppe
Gaudio
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Anno accademico |
2012/2013 |
La tesi ha per oggetto il cambiamento di paradigma proposto e portato avanti dai
movimenti di resistenza alla globalizzazione. È suddivisa in due parti. Nella
prima si esamina la mutazione dell’agricoltura nella società odierna, prendendo
atto di come la categoria contadina, a dispetto delle previsioni formulate da
ogni corrente ideologica, non solo sia sopravvissuta, ma intenda far valere la
propria opinione.
Inserito in un contesto globale, all’interno di quello che viene chiamato il
movimento dei movimenti, il movimento rurale oppone resistenza alla
globalizzazione attraverso una decisa e perseverante azione collettiva e alcune
nuove forme di agricoltura “biologica” in senso stretto, generando degli
interrogativi a livello mondiale su temi di vitale importanza: dalla questione
ambientale alla sovranità alimentare, dalla produzione alimentare mondiale
all’accesso alle risorse. Le mobilitazioni sociali hanno messo in discussione
l’intero sistema, avanzando delle forti critiche a partire dalle basi
dell’attuale modello dominante - la democrazia moderna, lo sviluppo
capitalistico e il potere moderno - vale a dire il neoliberismo.
Nella resistenza al neoliberismo il «pensare globale e agire locale» è mutato
verso il «pensare locale e agire globale»; un nuovo motto nato sui “campi di
battaglia”, cioè nelle manifestazioni contro il sistema delle multinazionali che
sfrutta i territori e le popolazioni, lasciando aridità e degrado. In questo
senso la lotta all’imperialismo ha prodotto delle visioni alternative che
partono dal locale, dalla comunità, come nel caso del vivir bien o
bien vivir.
Nella seconda parte, in generale, si osserva una specifica “inversione di rotta”
attivata nella regione Andina, dove Venezuela, Ecuador e Bolivia stanno
affrontando un processo de cambio che secondo alcuni autori sta
conducendo tali Paesi verso il cosiddetto post-neoliberismo; in
particolare si analizza il caso della Bolivia, dove non solo i movimenti sono
riusciti a giungere al governo, ma hanno anche costruito una nuova Costituzione
fondata su principi che valorizzano il rispetto per la Pachamama e
promuovono la cultura del vivir bien.
In Bolivia i movimenti sociali sono arrivati al governo con l’elezione di un
indigeno, un ex sindacalista, Evo Morales, riuscendo a convocare l’Assemblea
costituente, che ha ottenuto una nuova Costituzione basata sui principi
comunitari e pachamámici per essere approvata dalla gran parte della
popolazione nel referendum del 25 gennaio 2009.
Il volto di Evo Morales ha assunto un valore simbolico virtuoso, incarnando la
“parte debole” del popolo boliviano. Tuttavia, durante la ricerca, emergono
delle contraddizioni di non poco conto capaci di oscurare la stella del
Presidente indigeno. Vengono citati: 1) la crisi del “gasolinazo”, vale a dire
l’approvazione del decreto n.748 (per il quale sarebbe aumentato
vertiginosamente il prezzo della benzina), ritirato in soli cinque giorni dalla
sua approvazione a causa di una incombente minaccia di insurrezione popolare; 2)
il conflitto del Tipnis (Territorio
indigeno parque nacional Isiboro Sécure)
rappresentato da una serie di azioni collettive iniziate in agosto del
2010 per fermare la costruzione
della sezione II
dell’autostrada Cochabamba-Beni,
il cui tracciato originario divideva in due il
Tipnis; quest’ultimo si estende per più di
dodicimila chilometri quadrati ed è uno dei luoghi più significativi del Sud
America sia dal punto di vista della
biodiversità, sia dal punto
di vista etnico; 3) l’intensificazione di colture di quinoa.
La ricerca si sofferma in particolare su quest’ultima contraddizione, diventata
un problema nazionale negli ultimi tempi. Nel lavoro di tesi la questione della
quinoa è stata affrontata attraverso una collaborazione con l’Ambasciata di
Bolivia in Italia che, oltre a disporre di materiale impiegato per l’analisi, ha
permesso di inviare un’intervista al Ministro dello sviluppo rurale boliviano,
Víctor Hugo
Vásquez.
La quinoa cresce da settemila anni nella regione Andina;
gli Inca la chiamavano «Chisiya Mama», la “madre
di tutti i semi”, considerata un seme sacro e prezioso grazie alle sue
caratteristiche naturali. Possiede straordinarie proprietà nutritive: contiene i
nove aminoacidi essenziali necessari al funzionamento dell’organismo, ha un alto
contenuto proteico e non contiene glutine, oltre ad essere ricca di minerali. Le
caratteristiche del “supercibo” andino sono tanto straordinarie da essere
considerato l’alimento in grado di sconfiggere la fame nel mondo. Per questo
motivo la Fao, sotto la forte spinta del presidente Morales, ha dichiarato il
2013 Anno internazionale della Quinoa, con l’obiettivo di «arruolare un nuovo
alleato contro fame ed insicurezza alimentare», come ha dichiarato il direttore
generale della Fao José Graziano da Silva.
Il “supercibo” andino è diventato uno tra gli alimenti più “alla moda” e
richiesti in Occidente, facendo aumentare vistosamente le esportazioni e quindi
la produzione in Bolivia, che è il maggiore produttore al mondo di quinoa e
possiede la varietà più pregiata, la quinua real. Le richieste in
continuo aumento di quinoa hanno anche fatto lievitare i prezzi, che negli
ultimi anni sono triplicati.
Se fino a qualche tempo fa la quinoa rappresentava un alimento di base della
cucina andina, oggi sta diventando inaccessibile proprio agli stessi boliviani,
i quali si trovano a dover ripiegare su cibi più economici e meno sani. Come se
non bastasse le coltivazioni di quinoa, oltre a prendere il posto di altre
coltivazioni locali, cominciano a comparire in forma intensiva, implicando l’uso
di prodotti chimici con tutte le conseguenze annesse ai rischi per l’ambiente e
le comunità locali. Da cibo locale la quinoa sta diventando una nuova
commodity globale.
Le contraddizioni citate contribuiscono a spiegare perché
i movimenti indigeni hanno accusato Morales di “tradimento”.
I movimenti sociali boliviani hanno lottato con energia per avere un ruolo
attivo nelle scelte politiche e modificare il vecchio sistema partitico
governato dalle élites neoliberiste e basato sul “colonialismo interno”,
vale a dire l’esclusione strutturale della maggior parte della popolazione,
rappresentata dagli indigeni. I movimenti boliviani sono riusciti a ottenere
risultati storici come la Costituzione “popolare” e proponendo un’alternativa al
modello neoliberista. Resta da vedere se il processo de cambio sarà
accompagnato oppure ostacolato dalle forze politiche.
Note biografiche sull’autrice
Laurea magistrale in Discipline economiche e sociali, Università della Calabria.
È particolarmente interessata ai processi di cambiamento messi in atto dai
movimenti campesini e indigeni in America Latina.
Per contattare l’autrice:
mariagiulia.costanzo@libero.it