Il Xondaro del futuro
I percorsi delle nuove generazioni Guaraní Mbya
del Brasile
Scheda tesi di laurea
Tesi di laurea di
|
Chiara Bergaglio
|
Corso di laurea in
|
Antropologia culturale ed etnologia
|
Facoltà
|
Lettere e filosofia
|
Università
|
Università degli studi di Torino
|
Relatore
|
Prof. Enrico Comba
|
Correlatore
|
Prof. Giuliano Tescari
|
Anno accademico
|
2007 - 2008
|
La
tesi, basata su una ricerca etnografica tra i Guaranì
Mbya brasiliani, si propone di gettare un nuovo
sguardo sulle popolazioni indigene contemporanee che, prendendo le distanze da
visioni riduttivistiche e stereotipate, ne metta in luce i processi di rielaborazione e creatività culturale.
Nell’area sudamericana i gruppi nativi stanno oggi acquistando una crescente
importanza politica, sociale e culturale, configurandosi come soggetti attivi
di negoziazione con le istituzioni governative.
I
Guaranì sono una delle popolazioni native
numericamente più consistenti del Sud America (tra gli 80 e i 100.000 individui)
e vivono oggi in aree localizzate negli Stati del Brasile, Paraguay, Uruguay,
Argentina e Bolivia, presentando alcuni tratti culturali comuni, connessi alla cosmovisione e all’organizzazione sociale, ma anche
situazioni peculiari, legate ai differenti contesti
nazionali e locali in cui i singoli gruppi sono inseriti.
I
Guaranì Mbya dello Stato di
São Paulo presso cui ho svolto la ricerca, pur
intrattenendo relazioni con la società dominante da ormai cinque secoli, si
distinguono per aver mantenuto vari aspetti della “tradizione”, quali la lingua
nativa e la religione di tipo sciamanico e, nello
stesso tempo, sono oggi interessati da molteplici fattori di trasformazione.
Quello guaraní si presenta dunque come un contesto
complesso che ho cercato di esplorare attraverso gli strumenti metodologici e
teorici dell’antropologia culturale, concentrandomi soprattutto sulle
generazioni più giovani. L’obiettivo della ricerca è stato
infatti indagare come le nuove generazioni guaraní (costituite da
insegnanti nativi, giovani lideranças, ragazzi
e ragazze) articolino gli aspetti della tradizione indigena con la dimensione
della contemporaneità e in che modo esse affrontino i vari cambiamenti in cui
sono coinvolti, dovuti per lo più all’intensificarsi dei contatti con la società
nazionale e globale.
Nella
prima parte del lavoro ho presentato il contesto della
ricerca, facendo una breve ricognizione della letteratura etnografica esistente
sui Guaraní e illustrando alcuni concetti cardine della realtà socioculturale
guaraní attuale, come quelli di tekoha, cioè
di spazio (non solo in senso fisico, ma anche sociale e culturale) e di Nhande Reko,
termine che significa letteralmente “il nostro modo di essere” e che oggi
designa l’insieme delle tradizioni native. Ho analizzato a grandi linee il
rapporto tra i Guaraní e la società brasiliana nei suoi aspetti storici,
politici e legislativi confrontando, in particolare, la concezione indigena di
spazio (tekoha) con il concetto giuridico di Terra
indigena.
A
partire dal doppio nome (indigeno e brasiliano) che ogni Guaraní possiede, mi
sono soffermata sulla loro complessa situazione identitaria e sulla concezione
di persona propria del pensiero religioso guaraní. Attraverso le “voci” e le
riflessioni di giovani insegnanti e lideranças,
ho poi delineato le principali questioni che toccano
oggi le comunità guaraní: in primo luogo, il problema delle terre e delle
risorse ambientali presenti, la crisi delle attività tradizionali di sussistenza,
la sempre maggior dipendenza da programmi statali di sicurezza alimentare e assistenza
sanitaria. In secondo luogo, fattori intervenuti negli ultimi decenni come
l’introduzione delle scuole statali indigene nei villaggi, il coinvolgimento
delle comunità in progetti governativi, le opportunità di studio e formazione
per i giovani all’esterno dei villaggi hanno portato a delle trasformazioni significative dei ruoli tradizionali e dei percorsi di vita
degli individui. Di fronte a queste sfide, è stato interessante indagare i
processi di mediazione messi in atto dalle nuove generazioni tra quelli che
l’antropologa Silvia Lelli ha definito “paradigma sciamanico” e “paradigma occidentale” soprattutto per
quanto riguardo l’ambito educativo. Dall’etnografia
emerge che le nuove generazioni mettono in atto un insieme di strategie che
coniugano in maniera innovativa le forme di educazione
tradizionale, che ha il suo centro attivo nell’opy,
la casa di preghiera, presente in ogni villaggio, con l’educazione scolastica e
l’uso dei mezzi di comunicazione. Nell’opy,
istituzione tradizionale per eccellenza, fulcro della religiosità sciamanica e della vita politica comunitaria, bambini e
ragazzi guaraní sono iniziati alle pratiche di canto – danza e
all’apprendimento del sapere mitico-religioso.
D’altra parte essi frequentano anche la scuola statale indigena, che promuove
un’educazione interculturale bilingue ed è gestita in modo abbastanza autonomo
dalle singole comunità. Della scuola ho messo in luce i processi di
ri-significazione locale e di guaranizzazione
messi in atto dagli insegnanti e dagli alunni nativi, soprattutto a livello
di concezioni pedagogiche e modalità di relazione.
Un’altra
dimensione rilevante di cui ho voluto dar conto è la mobilità territoriale,
caratteristica del sistema sociale e culturale guaraní poiché funzionale al
mantenimento di relazioni di reciprocità tra villaggi, sotto forma di alleanze matrimoniali, prestazioni di lavoro,
circolazione degli sciamani in occasione dei rituali e scambio di materiali per
l’artigianato. La mobilità guaranì si esplica in una
varietà di tipologie: a lungo o a breve raggio, individuale o legata a gruppi famigliari
poiché i Guaraní non risiedono in un villaggio con carattere di permanenza, ma
tendono a spostarsi frequentemente. È stato interessante rilevare come per i
giovani guaraní la mobilità oggi si configuri come
tappa di formazione, legata all’apprendimento di saperi tradizionali relativi
alla caccia, alla coltivazione e all’artigianato, per cui, spesso, i giovani
maschi che vivono nei villaggi più “urbanizzati” trascorrono dei periodi nei
villaggi più tradizionali. Ho poi associato il fenomeno della mobilità
territoriale ad un altro tipo di mobilità, ovvero quella legata all’uso dei
mezzi di comunicazione, in particolare televisione e internet, che rappresentano
per i giovani indigeni importanti strumenti di interazione
non solo con la società esterna, ma anche con altri gruppi nativi del
continente.
In
ultimo, ho trattato un tema che emerge in modo centrale nella ricerca, proprio
perché trasversale ai vari aspetti trattati, ovvero quello della progettualità indigena. I Guaraní, incentivati dalle
istituzioni governative, stanno infatti sviluppando in
modo sempre più autonomo progetti di tipo culturale e ambientale nelle proprie
comunità, che puntano soprattutto alla rivitalizzazione
delle pratiche tradizionali. La progettualità si
configura oggi come nuova e prioritaria strategia di sopravvivenza, che
presenta allo stesso tempo molteplici rischi e opportunità, una questione
connessa tanto alla “tradizione” quanto alla “contemporaneità”. Da parte delle nuove generazioni emerge la volontà di
impadronirsi di conoscenze che consentano loro
di agire nella società dominante in modo più paritario,
come la lingua portoghese scritta, l’informatica, il diritto, da qui
l’importanza accordata all’educazione scolastica e alla formazione
universitaria. Nella loro visione ciò non significa rinunciare alla propria
identità, anzi, la loro intenzione è quella di utilizzare in modo consapevole
questi saperi per difendere e rafforzare il proprio “modo di essere” indigeno,
posizione che può essere sintetizzata nell’espressione “apprendere di più,
senza dimenticare”, che mi è stata più volte
riportata. La questione della progettualità indigena è
controversa, perché se da un lato offre ai nativi nuovi margini di autodeterminazione,
dall’altro porta con sé il rischio di un irrigidimento, di una reificazione di
quelle pratiche che in realtà fanno parte del vissuto quotidiano delle
comunità. Il fenomeno può essere meglio compreso nel quadro
delle politiche indigeniste del governo
brasiliano, in cui vi è una forte tendenza alla culturalizzazione
e all’enfatizzazione dell’identità, essendo quest’ultima assunta come
principale criterio di distribuzione delle risorse pubbliche ai nativi.
La ricerca punta a mettere in luce come i Guaraní Mbya, e in particolare le nuove generazioni, come molte
altre popolazioni indigene del mondo, lungi dall’essere prossime ad una débacle
culturale, si muovano in modo dinamico all’interno di
contesti complessi, mettendo in campo strategie di agency
e di mediazione interculturale nel tentativo di dominare le trasformazioni in
cui sono coinvolti e di tracciare in modo autonomo il proprio futuro.
Note biografiche sull’autrice
Chiara Bergaglio si è laureata nel 2008 in Antropologia culturale
ed etnologia presso l’Università degli studi di Torino. Ha svolto esperienze di
ricerca e di lavoro sull’immigrazione e sull’educazione interculturale anche
come formatrice.
Per contattare
l’autrice:
chiara.bergaglio@gmail.com
|
America Latina in… tesi
|
Home
|